
Gli spazi della socialità dentro Sollicciano (Foto di Barbara Cardini)
Firenze, 30 maggio 2025 – Il pallone rimbalza sul campo di terra arsa. Il sole picchia su muscoli strizzati nelle magliette. Non ci sono schemi, nessuna tattica, uno vale uno: chi ha fiato gli corre dietro. A ogni gol, tutti esultano. Poco distante, nella penombra dell’officina comune, sigarette incendiano volti tatuati. Bocche con pochi denti ne sputano il fumo. C’è odore di sudore, rimorsi e rabbia. Dalle celle qualcuno lancia un grido. Ci spostiamo: dentro la luce è tagliata dalle sbarre blu fissate alle finestre. I colori si spengono. Una macchia verde di muffa, ai bordi annerita dal tempo, ci guarda dall’angolo del soffitto.
Dall’aula della biblioteca, tra le migliaia di pagine degli oltre 5mila volumi presenti, si rimane ironicamente senza parole: uno spicchio della ’corona’ carceraria di Sollicciano si staglia verso l’alto come la curva di uno stadio. Sulle celle, esposte al calore del sole, una patina che assomiglia alle croste tipiche delle chiglie. Qualche abito appeso dai detenuti spezza la monotonia del grigio. “Ecco il famoso inferno”, commenta qualcuno.
Nel penitenziario fiorentino la vita scorre lenta. A piccoli passi, puntando obiettivi facili che per molti diventano però montagne da scalare. Durante la nostra visita siamo stati nelle aree trattamentali e negli spazi comuni, guardando da vicino, ma senza toccare con mano, le sezioni detentive (per quei luoghi non ci è stata fornita l’autorizzazione). Lì dove, secondo medici, tecnici e operatori Asl, non sono garantite ai detenuti le condizioni igienico sanitarie adeguate. Dove dall’inizio dell’anno ci sono state già tre vittime: due suicidi e un’overdose. Dove le infiltrazioni d’acqua e il caldo soffocante fanno da calendario.
Mentre camminiamo, alcuni detenuti prendono appunti su come coltivare un orto, mentre altri, donne e uomini, si battono la penna sulla fronte alla ricerca d’ispirazione per il finale del loro tema (il corso è quello di scrittura creativa). Le classi, che il carcere porta avanti in collaborazione con alcuni istituti di Firenze, sono un modo per ricominciare. “Alcuni detenuti, non tantissimi, sono riusciti anche a diplomarsi”, spiega il referente dei laboratori.
I corridoi si snodano nel ventre del gigante di cemento. Ci sono rotonde, pass di controllo, una chiesa. I funzionari giudiziari – cinque invece che undici, come previsto da organico – ci mostrano dove avviene “la prima accoglienza”. Al detenuto vengono fornite subito un’assistenza psicologica e una visita medica. Il suo ’profilo’ viene poi analizzato anche dagli agenti di polizia penitenziaria, che valutano quale protocollo attivare, tenendo conto anche di eventuali campanelli di allarme che possono portare a “eventi critici”.
C’è poi l’inserimento nella sezione di transito: le porte dell’inferno. Tutte le paure, gli spasmi provocati dall’abuso di stupefacenti, le crisi che assalgono la mente dei neo reclusi vengono sfogati su quelle mura: un po’ bruciacchiate dagli incendi, un po’ demolite da coloro che reagiscono male alla perdita della libertà, un po’ deteriorate dal tempo e l’usura.
Le strade, da lì, portano poi ai bracci. Sono 13 le sezioni in totale: 5 penali (dedicate ai definitivi) e 8 giudiziarie (dedicate alla detenzione di persone in attesa di giudizio). Sono una quarantina i detenuti per ogni blocco. La sesta sezione, dopo la rivolta di luglio 2024, è ancora inagibile, mentre un’altra è usata come cuscinetto per trasferirci i detenuti da celle sottoposte a lavori di manutenzione.
Siamo arrivati in uno spiazzo che si apre ad albero. A sinistra l’infermeria e l’impresa mantenimento (una sorta di magazzino dove i detenuti possono acquistare cibo); a destra la mensa. Infermeria e reparto per la salute mentale sono praticamente un blocco unico, “così da prestare attenzione massima a quei detenuti”, ci spiegano. Delle due cucine, invece, solo una è agibile. Nel frattempo, dall’altra parte dell’istituto, sul campo da calcio, qualcuno ha segnato. E un grido di gioia, impensato, si leva sopra Sollicciano.