OLGA MUGNAINI
Cronaca

Alessandro . Palmieri: "Screening maschili precoci per l’infertilità"

Dal varicocele alle malattie trasmesse sessualmente fino a stile di vita e inquinamento: eventuali problemi vanno affrontati molto prima dei 40 anni .

Dal varicocele alle malattie trasmesse sessualmente fino a stile di vita e inquinamento: eventuali problemi vanno affrontati molto prima dei 40 anni .

Dal varicocele alle malattie trasmesse sessualmente fino a stile di vita e inquinamento: eventuali problemi vanno affrontati molto prima dei 40 anni .

Una buona dieta può aiutare la fertilità maschile, sempre più bisognosa di un sostegno, anche in giovane età. Di quanti e quali siano i rapporti fra alimentazione e problemi andrologi, se ne è parlato al recente Congresso Sia, Società Italiana di Andrologia, svoltosi a Trieste, dove sono stati affronti i temi legati agli avanzamenti della ricerca e della medicina nel trattamento di alcune delle patologie più diffuse in ambito andrologico, con le loro ricadute psicologiche e sessuali. In particolare, si è tenuto il primo Delphi Consensus Conference dedicato proprio ad “Alimentazione e andrologia“.

Il professor Alessandro Palmieri, presidente Sia e docente di Urologia alla Università Federico II di Napoli, spiega come stia cambiando l’universo maschile, anche rispetto ai nuovi stili di vita e alle nuove patologie.

Professor Palmieri, la salute maschile inizia a tavola?

"Possiamo dire così, ricordando ad esempio l’importanza degli antiossidanti. Fa bene la frutta per le vitamine, specialmente del gruppo C, il pomodoro cotto che produce il licopene, le verdure della famiglia delle crucifere come broccoli e cavolo bianco. E quando la dieta non basta ci sono gli integratori".

Ma è vero che sta aumentando il fenomeno dell’infertilità maschile?

"Sì, e infatti stiamo lavorando molto sulla prevenzione. Spesso vediamo l’aumento della denatalità come un problema di carattere economico e sociale: le coppie che si sposano tardi, i giovani non trovano lavoro e restano a casa da mamma e papà, hanno difficoltà a trovare un’abitazione, mantenere un figlio costa, e via di seguito. Ma si dimentica che, risolte tutte queste difficoltà sociali, resterebbe il problema della fertilità, in grave riduzione dagli anni ’50, sia nelle donne che negli uomini. Insomma, c’è un problema clinico".

Cosa si dovrebbe fare?

"Intanto iniziare a fare screening fra i 18 e 20 anni per capire se ci sono problemi e risolverli in anticipo rispetto ai 40 anni, quando le cose sono ormai più difficili, come le malattie più tipiche dell’infertilità maschile".

Quali sono?

"Una è il varicocele, che è un aumento della temperatura del testicolo e che va affrontata presto, anche quando non si pensa ad avere un figlio. E poi le malattie sessualmente trasmesse che sono causa di infertilità. Queste sono molto in aumento: erano decenni, ad esempio, che non si parlava più della sifilide".

Da cosa dipende?

"Un motivo è che si è persa la cultura del profilattico di cui parlavamo al tempo dell’Aids. E così le infezioni proliferano".

Restiamo sul picco negativo della natalità.

"I numeri parlano chiaro: siamo passati dagli anni ’50 con circa un milione di nati all’anno, ai 322mila del 2024. E i motivi sono molti".

Potrebbe dire i principali?

"Guardi, c’entra anche l’inquinamento, l’alimentazione sbagliata, lo stress generale, l’aumento della temperatura e molte altre condizioni esterne alla singola persona".

Come c’entra la temperatura?

"Gli spermatozoi stanno nella sacca scrotale esterna e soffrono moltissimo della temperatura. Va detto che ognuno di questi fattori non è decisivo, ma tutti insieme fanno la differenza".

La società è cambiata al tal punto che l’uomo sembra concentrarsi più sull’aspetto estetico rispetto a quello medico.

"È vero. Crescono d esempio le richieste di ingrossamento del pene, anche se sappiamo che per la donna non ha molta importanza, ma per l’uomo sembra di sì. In verità è più importante la rigidità. Resta il fatto che molti si fanno iniettare sostanze per aumentare le dimensioni. Il problema è che a volte queste sostanze non si distribuiscono in maniera uniforme, causando grossi problemi estetici. E quando vengono da noi per eliminare le protuberanze, l’intervento per risolvere il danno è assai più lungo e complesso di quello iniziale. Un altro pericolo da mettere in guardia sono le palestre".

In che senso, l’attività fisica non fa comunque bene?

"Certo. Mi riferisco ai rischi dei “palestrati“ con testosterone. Ci sono terapie prolungate per sviluppare i muscoli che, se da una parte aiutano ad avere un bel fisico, dall’altra, alla lunga queste terapie con ormoni riducono la grandezza dei testicoli e portano a problemi di erezione e fertilità. Quindi, muscoli sviluppati con l’esercizio fisico sì, gonfiati dagli testosteroni no".

Veniamo al tumore alla prostata, su cui ci sono enormi risultati di guarigione.

"Questo è un aspetto specifico degli urologi. Anche se il 95% degli andrologi della Sia, io compreso, sono anche urologi. Detto ciò, con l’esame del Psa e la visita si è ridotta tantissimo la diagnosi di tumore alla prostata, per quanto in Italia ci siano ancora 40mila casi all’anno. Dei circa 30mila interventi, il 40-50% vanno incontro a disfunzione sessuali. Il fatto è che la diagnosi è sempre più precoce: un tempo avveniva fra i 70 e i 75, oggi mediamente intorno ai 60, ma operiamo tanti anche intorno ai 45-50. Solitamente si guarisce, ma la qualità della vita, senza erezione, è diversa".

Come risolvere il problema?

"La terapia chirurgica è l’impianto di protesi peniena. Quello che denunciamo è che siamo il sesso debole: dovrebbe essere gratis in tutti gli ospedali, non a discrezionalità delle Asl o delle Regioni. Vorremmo che avvenisse come per le donne con la protesi dopo il tumore al seno. Invece in tante parti d’Italia i pazienti devono uscire dall’ospedale operati di prostata e poi andare a farsi l’intervento di protesi in clinica privata. E non è giusto".