Slow life, la nuova tendenza che sta rivoluzionando il mondo del lavoro

Quasi 7 lavoratori su 10 desiderano ridurre il tempo dedicato al lavoro. Parola d’ordine: rallentare

Slow life: lavorare meno per lavorare (e stare) meglio

Slow life: lavorare meno per lavorare (e stare) meglio

Firenze, 29 febbraio 2024 – Il 67,7 per cento degli occupati italiani in futuro vorrebbe ridurre il tempo dedicato al lavoro, per avere un approccio alla vita e al lavoro sempre più ‘slow’. A dirlo il settimo rapporto Censis, secondo cui questo desiderio accomuna tutte le fasce d’età: a volerlo sono il 65,5 per cento dei giovani, il 66,9 per cento degli adulti e il 69,6 per cento degli over 50. Già oggi il 30,5 per cento degli occupati, percentuale che sale al 34,7 per cento tra i giovani, dichiara di impegnarsi nel lavoro lo stretto necessario, rifiutando gli straordinari, le chiamate o le mail fuori dall’orario di lavoro ed eseguendo solo quel che gli compete per mansione.

Il cambiamento è iniziato durante la pandemia ed oggi stanno perdendo senso slogan quali “lavorare di più equivale a lavorare meglio degli altri”. Per decenni si è assistito a una vera e propria mitizzazione del sacrificio in cui ogni lavoratore è stato spinto a inseguire ambiziosi obiettivi di carriera, di notorietà e di affermazione sociale. Un tipo di narrazione “tossica” che porta a stress e malessere che, accumulati nel tempo, contribuiscono alla comparsa di malattie più o meno gravi. Per questo si cerca sempre più un lavoro ideale, con il quale conciliare le necessità economiche e di vita. Secondo i dati Inps, in Italia il tasso di ricollocazione a tre mesi dalle dimissioni volontarie delle persone con meno di 60 anni è stato pari al 67 per cento, dato molto più elevato rispetto agli anni scorsi. Ciò significa che in ogni caso si lavora, ma meno e, secondo i sostenitori della slow life, meglio.

Slow life: la nuova tendenza

Rallentare il passo, vivere in modo più consapevole e dedicare tempo alla riflessione, alla connessione con la natura, all'arte, alla famiglia e agli amici. E’ questa, in sintesi, la ‘slow life’ o lo ‘slow living’, una scelta di vita (e di lavoro) che sempre più persone fanno, per fuggire la frenesia della contemporaneità e puntare sul benessere emotivo e fisico.

Gli esempi di chi ha scelto questa ‘filosofia’ si possono trovare ovunque nel microcosmo che ci circonda. A Firenze, ad esempio, ha scelto lo slow living la ex tassista Simona Bellucci, che ha abbandonato il taxi per l’arte dando nuova vita a oggetti del passato, soprattutto piatti di ceramica, che trova in vendita nei mercatini (@oniricalliope). Sui social ci siamo invece imbattuti in Luigi Nigro, giovane professionista del digitale e content creator che, dopo aver lavorato per anni come dipendente ed aver toccato con mano il burnout, cioè l’esaurimento psicofisico, ha scelto di costruirsi un’altra vita sulle regole della slow life e di raccontarla sui suoi canali, con il nome di @giginenne

“L’invito è quello di rallentare – spiega –  e capire che c’è un’alternativa al modello di lavoro tradizionale, basato sulla performance a discapito, spesso, della propria vita sociale e salute mentale. La filosofia Slow, una volta applicata, permette di vivere in equilibrio tra il proprio lavoro e la quotidianità. Un primo passo verso questa condizione è riuscire ad essere nella condizione di decidere in autonomia per cosa stressarsi, per cosa sacrificarsi e per cosa perdere il sonno la notte. Questo non vuol dire lasciare il proprio lavoro per fare il freelance, ma capire cosa si ricerca nel proprio lavoro e dunque selezionare un’azienda che sposi quelle necessità".

“Con la mia attività di produzione di contenuti online – prosegue – voglio sensibilizzare le persone sulla cultura del lavoro, affinché smettano di accettare condizioni lavorative vessanti e inizino a propendere verso la ricerca di una professione che dia priorità ai propri punti di forza. Lo faccio perché oggi sto bene, ma quando mi trovavo dall’altra parte avrei avuto bisogno di qualcuno che potesse guidarmi verso una condizione del genere.”