Giornata mondiale delle api, in Toscana non sarà una buona annata per il miele

Aumentano del 4% le imprese apistiche nella regione, ma i cambiamenti climatici riducono la produzione

Un apicoltore toscano

Un apicoltore toscano

Firenze, 20 maggio 2023 – In Toscana, secondo i dati del sistema informativo veterinario nazionale, ci sono 7.308 apicoltori, che gestiscono complessivamente 16.121 apiari e 177.775 alveari, per una produzione annua di circa 20mila quintali di miele. Il 20 maggio si celebra ogni anno la giornata mondiale delle api. Ma stavolta c'è poco da festeggiare per gli apicoltori toscani. Se infatti le imprese e gli apiari sono cresciuti in un anno entrambi del 4% e gli alveari del 28%, i cambiamenti climatici mettono il freno alla produzione di miele, tanto che il nostro paese è costretto a importarlo in grandi quantità dall'estero, in particolare da Ungheria, Argentina, Spagna e Cina.

“Stagioni sempre più anomale che scombussolano le fioriture e riducono la produzione di miele, l’aumento dei costi per garantire la sopravvivenza degli sciami impossibilitati ad uscire dalle arnie, i ridotti sostegni economici e l’arrivo, in alcune zone, la temuta vespa killer che falcidia gli sciami – spiega Coldiretti Toscana – ci fa dire che non sarà una buona annata per le imprese apistiche della regione. La produzione di acacia è già compromessa”. “Il settore cresce in Toscana e questo è decisamente un buon segnale, ma deve anche fare i conti con l’andamento instabile delle produzioni che minaccia la loro sopravvivenza. Senza produzione la  sostenibilità economica delle aziende è in pericolo”, afferma Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana. “L’avvio della stagione delle fioriture è stato promettente, poi è arrivato il passo falso della primavera e l’abbassamento delle temperature proprio quando le api stavano raccogliendo il nettare. La combinazione di siccità, gelate tardive, eventi estremi stanno avendo effetti negativi sul prossimo raccolto e sulla sostenibilità economica delle imprese agricole che non producono solo miele, polline, propoli, ma sono presidi fondamentali per la salvaguardia della biodiversità”.

Gli apicoltori toscani: “Per non morire le api hanno mangiato il miele”

Il ritorno del freddo ad aprile e poi della lunga ondata di perturbazioni con piogge abbondanti e diffuse ha rallentato la vita nell’alveare. Le api, scoraggiate nell’andare a caccia di fiori e nettare, hanno iniziato a mangiare le scorte costringendo gli apicoltori ad intervenire con la nutrizione di emergenza per evitarne la morte.

“Le fioriture primaverili non hanno avuto il profumo classico della stagione ed erano poco nettarifere. La stagione era partita bene, ma l’arrivo del freddo e delle precipitazioni hanno rimesso tutto in discussione”, fa presente Daniela Daniele, apicoltrice fiorentina e delegata regionale Donne Impresa Coldiretti. “Per non morire le api hanno mangiato il miele che avevano già raccolto. Gli apiari sono praticamente vuoti in questo momento. Le conseguenze del cambiamenti climatici e l’aumento delle materie prime rendono difficile la vita dell’apicoltore e dell’agricoltore. Noi, che amiamo le api, cerchiamo di continuare a svolgere questa bellissima attività per tutelare l’ambiente e della nostra comunità”. Dove non piove, le api sono tornare a cercare i fiori: “Le api hanno sofferto molto gli sbalzi climatici. – spiega Francesca Buonagurelli, apicoltrice di Barga - Ogni singola goccia di acqua per un animale così piccolo può essere fatale. Oggi hanno ripreso a volare timidamente. Escono per recuperare quel che resta di una produzione di acacia la cui fioritura ha subito una riduzione drastica a causa della caduta precoce. Vogliamo però essere ottimisti per la produzione di miele di castagno di prossima fioritura”. Punta il dito contro i cambiamenti climatici anche Mirko Iacopini, apicoltore massese: “Le api non trovano il nettare. La situazione è molto complicata. Rischiamo di non raccogliere niente o una produzione scarsa che non coprirà assolutamente i costi che stiamo sostenendo per l’alimentazione di soccorso, per spostare e controllare periodicamente le arnie”. Ma mancano anche i sostegni economici: “sono troppo pochi, e quando ci sono arrivano in ritardo, per un settore fondamentale per la protezione della biodiversità. – spiega Mirko Bulgarelli, apicoltore della Garfagnana – L’arrivo, anche in Garfagnana, della vespa velutina, insetto alieno che uccide le api, ci preoccupa molto. Per contenere il suo espandersi è nato un gruppo locale, da me fondato, formato da volontari e tecnici per informare la comunità, monitorare e neutralizzare i nidi”.

Come riconoscere il miele italiano

Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, è bene leggere attentamente l'etichetta e individuare l'origine del miele. Oppure si può acquistare il miele direttamente dai produttori, nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati dei produttori, come quelli Campagna Amica di Coldiretti. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (esempio Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria). Se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi. In Italia esistono più di 60 varietà di miele: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.