
Fiorella Mannoia, 71 anni
Firenze – Il tour finisce il 6 settembre a Cortona sotto le stelle di Piazza Signorelli lasciando a Fiorella Mannoia i ricordi virati tenerezza dell’avventura “sinfonica” con cui è in scena pure l’11 agosto alla Fortezza Montalfonso di Castelnuovo Garfagnana e il 4 settembre in Piazza dei Cavalieri a Pisa. Con lei l’Orchestra Sinfonica Saverio Mercadante di Altamura diretta dal maestro Rocco De Bernardis. “Quello in Piazza Signorelli sarà il nostro centesimo concerto” racconta. “Un grande successo, visto che, con un repertorio interamente riarrangiato in chiave orchestrale, risultato non era poi così scontato. Andare a toccare canzoni che la gente ama e canta da decenni è sempre un rischio. E poi, venendo da una tournée pianoforte e voce con Danilo Rea, ritrovarmi catapultata su un palco con oltre venti musicisti è stato un bel salto dimensionale”.
Se quello di cantare con l’orchestra è un sogno realizzato, ne ha uno di riserva ancora chiuso nel cassetto?
“Con Carlo (Di Francesco, il marito-produttore - ndr) stiamo lavorando con calma, molta calma, al prossimo album. Certo è che il 2026 sarà per noi un anno in studio di registrazione”.
Progetti?
“Ogni tanto mi sfiora è d’incidere un ‘Onda tropicale 2’, anche se stavolta focalizzando il repertorio sulla canzone latino-americana e non brasiliana come nel primo capitolo. Un paio di classici quali ‘Bésame mucho’ e ‘Quizás quizás quizás’ li faccio già in questo spettacolo. Mi piace la vena malinconica nascosta nell’allegria del son cubano e di tanta altra musica proveniente dall’altra parte dell’Atlantico”.
Perché?
“Perché in quella musica c'è tutta l'allegria e la sofferenza di un continente che ha attraversato colonizzazioni, vessazioni, dittature. Un sentimento che senti nell'aria e in cui m’affascina scivolare quando provo a farla mia”.
Il 25 settembre porta a Napoli una nuova edizione di “Una nessuna centomila”, la prima al Sud. Con quale formula?
“La stessa dell’anno scorso a Campovolo, ovvero con colleghe e colleghi. Questo perché ormai sono tanti gli uomini che hanno chiesto di poter abbracciare la causa, contribuendo al laboratorio artistico messo in piedi da noi ‘ragazze’ tre anni fa per aiutare le donne vittime di violenza e promuovere la parità di genere. Pure il pubblico è in continua crescita, basta pensare che quest’anno abbiamo esaurito Piazza del Plebiscito senza annunciare un solo nome del cast”.

La gente si fida di voi.
“Sì, sa che la nostra Fondazione è una cosa seria, con bilanci pubblici e rendiconti precisi. Tutti i soldi in cassa vanno ai centri antiviolenza che ne hanno più bisogno; quelli a cui magari a cui i bandi non vengono rinnovati perché i venti della politica sono cambiati. E poi ci sono le aree totalmente scoperte. Basta pensare che il primo sportello d’ascolto della Locride l'abbiamo aperto noi. Siamo gocce nel mare, ma in tre anni, tra donazioni, sms, concerti, abbiamo raccolto 3 milioni di euro. Tutto viene gestito dalla presidente Giulia Minoli, da Lella Palladino e Celeste Costantino che sono sul campo, perché io più che metterci la faccia e raccogliere soldi non posso fare”.
L'artista è il rischio che corre. Pure dicendo sempre e comunque ciò che pensa.
“Alcuni lo fanno, altri no, ma non sto qui a criminalizzare... resto dell’idea, però, che oggi prendere posizione sia un atto di coraggio. Io, ad esempio, non ce la faccio a stare zitta. L'apocalisse di Gaza, ad esempio, non può essere taciuta. Ecco perché ne parlo in scena tutte le sere, ma non sto certo a criticare chi non lo fa. Ognuno ha la sua coscienza e a quella risponde”.

In Piazza del Plebiscito canterà pure il 18 settembre nel concertone organizzato per il decennale della scomparsa di Pino Daniele?
“Certo. Penso che, dieci anni dopo, fosse doveroso ricordarlo a casa sua. Sono cresciuta, infatti, insieme a lui e alle sue canzoni. E ho avuto la fortuna pure di andarci in tour nel 2002, assieme a Ron e a De Gregori. Sinceramente credo che nella musica italiana ci sia un prima e un dopo Pino Daniele. Non c'è artista che non lo ami, perché lui era il musicista per eccellenza. Uno che ha saputo unire la tradizione della sua terra con quella del blues entrando nella vita di tanti”.