
Giuseppe Pepe, direttore del pronto soccorso dell'ospedale Versilia e presidente toscano Simeu
Firenze, 6 settembre 2025 – Il pronto soccorso non è un commissariato, non è un dormitorio, non è un parcheggio per malati in attesa. È il varco della sanità pubblica, e sta pericolosamente cedendo. A dirlo non sono più soltanto i pazienti esasperati, ma i direttori stessi dei pronto soccorso toscani, riuniti nella Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza (Simeu). Hanno deciso di mettere in fila, senza giri di parole, i nodi che strozzano il sistema e che la politica, fino ad oggi, ha lasciato incancrenire.
Il primo è la mancanza di personale. Non è un problema che si risolve con un concorso in più o un contratto diverso: i medici d’urgenza non ci sono, e non ci saranno in numero sufficiente, almeno nel medio periodo. La disciplina non attira, le condizioni di lavoro sono proibitive: turni massacranti, sovraffollamento, urgenze vere mischiate a casi che nulla hanno a che fare con l’emergenza. La proposta dei direttori è netta: allargare il campo, coinvolgere altre figure professionali, anche non specialistiche, per filtrare e gestire chi arriva in pronto soccorso senza reale necessità di medicina d’urgenza.
C’è poi la violenza. Quella che dilaga nelle città e finisce dritta in pronto soccorso: uomini e donne portati non perché malati ma perché diventati un problema di ordine pubblico. È una distorsione che scarica sul personale sanitario un peso che non gli compete. La Simeu chiede l’attivazione di squadre rapide, multidisciplinari e con la presenza delle forze dell’ordine, capaci di rispondere in tempo reale, senza trasformare i corridoi ospedalieri in zone franche di gestione sociale.
E ancora, la violenza di genere. I codici rosa aumentano, e con loro le ore di lavoro assorbite da pratiche delicate e necessarie. È un servizio che nessuno mette in discussione, ma che rischia di paralizzare l’intera macchina nei momenti di maggiore pressione. La proposta è di istituire team dedicati, pronti a essere attivati su chiamata, per dare al fenomeno la risposta attenta che merita senza travolgere il resto del pronto soccorso.
Infine il nodo più drammatico: il boarding, ovvero le persone che restano in pronto soccorso in attesa di un posto letto in reparto. Pazienti in barella per più di 24 ore, a volte per giorni, in attesa di un letto che non c’è. È l’immagine plastica del collasso. Non solo blocca l’ingresso dei nuovi malati, ma sottrae energie preziose al personale, che si ritrova a gestire persone già stabilizzate invece di occuparsi delle emergenze. La Simeu chiede di rimettere al centro l’appropriatezza del numero dei posti letto, non solo negli ospedali per acuti ma anche nei reparti post-acuti, e che la responsabilità dei pazienti in attesa passi ai reparti di destinazione.
Sono problemi noti, in parte già scritti nelle delibere regionali, a volte persino monitorati. Ma tutto resta spesso lettera morta. E i pronto soccorso continuano a piegarsi. Ora i direttori, insieme, mettono la politica davanti allo specchio: le soluzioni ci sono, basta avere il coraggio di applicarle.