
Stragi naziste, arriva un importante risarcimento per i familiari di una vittima
Arezzo, 11 agosto 2025 – Quel mattino di sole terso a Bucine la morte sfondò la porta, spezzò per sempre una famiglia e segnò il destino di quattro bambini innocenti. Attilio Fantini, contadino di 47 anni, il 7 luglio 1944 fu annientato in una rappresaglia improvvisa e inattesa, un crimine di guerra che per decenni è rimasto senza giustizia. Oggi, però, quella verità taciuta è emersa in tribunale, riconosciuta con una sentenza che finalmente ha dato voce al dolore degli eredi di una tragedia che sembrava condannata all’oblio.
Nascosta insieme alla sua famiglia nella galleria ferroviaria di Poggiano, quel fragile rifugio era un precario riparo contro i bombardamenti alleati che devastavano il territorio. Ma la debole quiete di quella famiglia fu spezzata bruscamente quando i soldati tedeschi irruppero nel rifugio, ordinando lo sgombero immediato. Sette uomini furono presi come ostaggi, tra cui Attilio, padre di quattro figli piccoli: dieci, nove, sei anni e un neonato di appena sei mesi. Il pretesto per la violenza era infondato. La mattina stessa erano stati trovati morti due soldati tedeschi, e i militari nazisti, in cerca di vendetta, accusarono quei civili innocenti di essere partigiani e responsabili della loro morte. Non c’era prova, non c’era giustizia, solo la ferocia cieca di una rappresaglia che falciò cinque vite in pochi minuti.
Attilio e gli altri ostaggi furono fatti marciare fino al luogo dell’eccidio e lì, senza processo, giustiziati a colpi di mitragliatrice. Quel giorno non furono solo cinque vittime, ma un dolore che si sarebbe radicato nelle generazioni a venire. Nei giorni successivi, fino all’11 luglio, si contarono 21 civili uccisi in quella zona. L’11 settembre di quell’estate maledetta, durante l’esumazione dalla fossa comune dove erano stati sepolti, venne identificato il corpo di Attilio. Per decenni, la sua storia rimase nascosta tra le pieghe del tempo, ricordata solo da lapidi e cerimonie silenziose.
Oggi quei bambini sono adulti e hanno trasformato il loro dolore in una battaglia per la giustizia. Hanno fatto causa allo Stato tedesco e a quello italiano, chiedendo il riconoscimento della sofferenza subita e un risarcimento per il danno irreparabile.
Il Tribunale di Firenze, con una sentenza netta, nei giorni scorsi ha accolto la loro richiesta, riconoscendo quegli atti come crimini di guerra e contro l’umanità. La sentenza afferma chiaramente che non esisteva alcuna prova che Attilio fosse partigiano, eppure fu giustiziato come se lo fosse stato, vittima di un’ingiustizia dolosa e gravissima, di cui la Germania è chiamata a rispondere.
Il risarcimento, circa un milione e mezzo di euro da dividere tra i quattro figli, non potrà mai colmare la perdita, ma rappresenta un riconoscimento di dignità e verità, un segno che la memoria può trionfare sull’oblio.
Oggi, in località Perelli, un cippo ricorda per sempre quell’eccidio. Non è solo pietra: è un cuore pulsante di memoria, un grido muto che attraversa il tempo e ci sfida a non dimenticare. Un monito che ci attraversa l’anima, che ci invita a stringerci in un abbraccio silenzioso con chi ha perso tutto, a non voltare mai le spalle al dolore, perché dimenticare significherebbe tradire quelle vite spezzate.
E mentre il sole tramonta su Perelli, il ricordo di Attilio e degli altri martiri sussurra ancora tra le foglie, nei passi di chi si ferma a guardare, nei battiti di chi non vuole arrendersi all’oblio e si, crede ancora, nonostante tutto, nella giustizia.