
Vigili del fuoco sul fiume Metauro portano in salvo cinque ragazzi
Arezzo, 5 luglio 2025 – “Erano seduti sul masso, con i piedi quasi immersi. Spaventati, immobili. Ma vivi”. È il vigile del fuoco elicotterista, Cristiano Gori, uno dei soccorritori scesi dal cielo, a raccontare con lucidità e un filo d’emozione la sera in cui cinque ragazzi di Misano, tra i 18 e i 19 anni, sono stati salvati dalle acque del Metauro. Il fiume, gonfiatosi all’improvviso, li aveva isolati su una roccia nel cuore del greto, non lontano dalle Marmitte dei Giganti. Un intervento spettacolare in cui dal cielo è entrato in azione l’elicottero Drago dei Vigili del Fuoco decollato da Arezzo. A lanciare l’allarme era stato un gruppo di turisti stranieri: non vedendo campo, si sono spostati fino a trovare segnale e allertare i soccorsi. Alle 19.52 la chiamata è arrivata alla sala operativa. Alle 20, in perfetto orario per chiudere il turno, il Drago — l’elicottero dei Vigili del Fuoco di Arezzo con a bordo una squadra composta da: il capo equipaggio Roberto Quinci, il seconda pilota Michele Forbicini, gli elicotteristi Cristiano Gori e Fabio Tani e i verricellista Federico Pugliese — è decollato verso le Marche. “Copriamo un’area vasta, siamo spesso chiamati fuori regione”, spiega Gori. “Quella zona la conosciamo, non è la prima volta che interveniamo tra le gole del Metauro. È spettacolare ma pericolosa”.
Nel giro di venti minuti il velivolo ha sorvolato l’area, mentre a terra già operavano squadre da Cagli e Pesaro, affiancate dal Soccorso alpino. “Appena individuati i ragazzi, abbiamo deciso di calare un nostro operatore con il verricello sul masso”, racconta Gori. “Sapevamo che ogni minuto contava: la luce calava e la corrente aumentava”. Il primo ragazzo ad essere issato a bordo era visibilmente sotto shock. Tani, che lo ha accolto nell’abitacolo, ricorda: “Continuava a dire solo una cosa: ‘Salvate i miei amici’. Non pensava a sé, ma a loro”. Intanto, a terra, qualcosa cambiava. Il livello dell’acqua, grazie all’intervento dell’Enel che aveva ridotto il rilascio dalla diga, cominciava a scendere. “Abbiamo rivalutato la situazione — dice Gori — e, in coordinamento con le squadre a terra, abbiamo deciso di evacuare i quattro rimasti via terra, in sicurezza”.
L’elicottero è rimasto in hovering, pronto a intervenire se le condizioni fossero peggiorate. Gori è rimasto sul sasso con i ragazzi, per tranquillizzarli e aiutarli a mantenere la calma. “Erano agitati, ci raccontavano come erano arrivati lì, quasi a voler giustificare l’incoscienza. Ma la paura era autentica. E comprensibile”. L’intervento si è concluso senza feriti, ma con tante emozioni. “C’era gente ovunque — ricorda Tanti — tutti sul ponte, a seguire la scena in silenzio, con il fiato sospeso. Quei ragazzi potevano essere figli di chiunque”. A dare forza ai soccorritori, come spesso accade, è stata la macchina perfetta del coordinamento. “Tutti pronti, tutti al posto giusto”, conclude Gori. “E alla fine, per fortuna, tutto è andato bene. Ma anche stavolta il fiume ci ha ricordato che non perdona”. Un salvataggio da manuale, fatto di sangue freddo, professionalità e un pizzico di cuore. E quella frase che resterà impressa più di tutte: “Salvate i miei amici”.