
Molti imprenditori hanno creato cantine turistiche per aprire canali diretti di distribuzione con i visitatori stranieri
I dazi sul vino agitano i produttori e più in generale mettono in allarme l’intero settore dell’agroalimentare. A Cortona trentacinque aziende racconta l’eccellenza di una Doc, la Syrah apprezzata in tutto il mondo, sopratutto negli States. Non solo: perchè in questo caso il canale del business ha un’andata e un ritorno. Ci sono aziende che esportano attraverso gli importatori ma qui è molto diffusa la vendita diretta. Perchè il turismo che abbraccia Cortona è rappresentato per larga parte da americani che soggiornano nella città etrusca, oltre a quelli che nel tempo qui hanno acquistato case, e amano frequentare i Wine Club direttamente nelle aziende vitivinicole del Consorzio.
Degustazioni durante la vacanza nella città etrusca e acquisti prima della ripartenza con i produttori che provvedono a spedire i "rifornimenti" per l’inverno. Chiaro che se pure la mannaia di Trump restasse al 15 per cento, per chi fa vino e lo vende, diventa una tassa che mette a rischio la stabilità.
Stefano Amerighi, imprenditore apprezzato in tutto il mondo, guida il Consorzio cortonese che negli anni è cresciuto affermandosi a livello internazionale. "Il problema è generale e riguarda tutto l’indotto e la filiera. A Cortona molti produttori non hanno importatori negli Usa ma con i Wine Club hanno aperto e consolidato canali diretti di vendita con i turisti americani che degustano in cantina e si fanno spedire il prodotto. Questo settore sarà colpito in maniera consistente dai dazi".
Boccia il metodo con cui l’Europa ha trovato il punto di caduta con Trump nella trattativa: "Il 15 per cento è l’ennesimo frutto del sovranismo di alcuni paesi europei; è la non volontà di fare squadra; il non aver voluto dare forza alla linea della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di contrattare in maniera diversa, senza piegarsi al dictat americano. Sembra che siamo contenti del fatto che al posto del 30 per cento ci sia toccato il 15". Le ricadute maggiori saranno per le aziende di fascia media, quelle che producono vini più economici rispetto alle grandi etichette. Amerighi lo rimarca quando dice che "chi fa uscire il suo vino sul mercato a 5 euro a bottiglia non potrà certo reggere un dazio al 15 per cento su quella fascia, uscirà fuori".
Ma i vini "più pregiati ne risentiranno meno, perchè la clientela sarà disposta a pagare qualcosa in più senza rinunciare al prodotto". Il mondo del vino, dunque, balla sull’altalena dei dazi trumpiani ma una exit strategy c’è per "tenere botta" al momento complesso a livello generale, per resistere e reagire. "Occorre puntare sempre sulla qualità. Si prospetta umna buona annata dal punto di vista della qualità e questo è fondamentale. E se il 2025 sarà un anno all’insegna della qualità, intanto metteremo della buona uva e vino in cantina", osserva Amerighi. Che sulle questioni commerciali legate all’altalena a stelle e strisce chiosa: "Bisogna reggere la fase complessa evitando di fare investimenti sbagliati e lavorare sempre più sulla qualità. A salvarci saranno la riconoscibilità, l’originalità e l’unicità dei nostri vini".