
L’assessore Eleonora Ducci assieme alle maestranze del vivaio di Cerreta L’impianto risale, secondo il Registro Storico di Camaldoli, all’anno 1881
di Sonia FardelliPOPPIIl vivaio forestale di Cerreta arca dei frutti da salvare. E proprio in questi giorni l’Unione dei Comuni sta per sottoscrivere una nuova convenzione con Terre Regionali Toscane per recuperare altre antiche cultivar. E in questo modo attraverso la Regione Toscana si garantirà il proseguo del progetto finanziato dal Psr in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha permesso fino ad ora di salvare 24 antiche varietà locali di alberi da frutto. La maggior parte di queste varietà casentinesi sono già iscritte al registro nazionale per la commercializzazione del materiale di moltiplicazione delle specie frutticole. Inoltre, dal 13 febbraio sono iscritte anche nel Repertorio regionale delle varietà locali a rischio di estinzione della Toscana, strumento che permette anche il sostegno ai Coltivatori Custodi. Nel vivaio di Cerreta, dove sono impiegate cinque maestranze forestali, si riproducono annualmente circa 5mila piante e se ne diffondono ben 2mila a livello regionale e nazionale. Per quanto riguarda, invece, le piante forestali, per ogni annata silvana, sono circa 20/25mila le piante che vengono distribuite. L’ impianto del vivaio risale, secondo il Registro Storico della foresta demaniale inalienabile di Camaldoli, all’anno 1881. Dopo i monaci e il Demanio, oggi il vivaio di Cerreta è gestito dall’Unione dei Comuni Montani del Casentino e persegue i medesimi obiettivi di un tempo: salvare piante forestali e piante da frutto autoctone. Tra le principali attività c’è infatti la produzione di piantine destinate agli interventi di rimboschimento, per la messa in sicurezza e il miglioramento dell’assetto ambientale, per la gestione del verde pubblico o per uso privato. Il vivaio è come un’arca delle specie fruttifere locali a rischio estinzione. La via percorsa per mantenere in vita questo ricco germoplasma è attraverso l’innesto, una pratica nota da oltre 2.000 anni. "Cerreta è un luogo dove ci si prende cura del futuro - spiega Eleonora Ducci assessore dell’Unione alla forestazione - dove tecnici e operai forestali, collaborano per continuare un’opera antichissima iniziata dai monaci camaldolesi. Nel vivaio lavorano cinque persone altamente specializzate che portano avanti processi delicati come quello dell’innesto. Il Casentino, grazie a Cerreta, è al centro di un progetto scientifico importante, ma anche al centro di un processo culturale altrettanto di valore per gli impatti che queste attività colturali di recupero avranno sul futuro di tutti noi".