LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Ida Balò, l’omaggio della Germania: "Ho perso il padre nella strage nazista. Gesto di pacificazione”

La sopravvissuta all’eccidio riceve l’onorificenza di Cavaliere dal presidente Steinmeier. “Sono emozionata”

Ida Balò (a sinistra) con il presidente Mattarella e l’attrice Ottavia Piccolo a Civitella

Ida Balò (a sinistra) con il presidente Mattarella e l’attrice Ottavia Piccolo a Civitella

Arezzo, 20 giugno 2025 – “Quell’orrore è davanti ai miei occhi, sempre. Come un marchio a fuoco sulla pelle”. Ogni dettaglio, volto, urlo disperato, ogni colpo di mitraglia. Custode della memoria, instancabile e testarda. Ida Balò ha 94 anni e la tempra di una ragazzina, quella stessa ragazzina che a 13 anni ha vissuto la strage di Civitella e da allora la racconta. Dieci anni fa nella piazza dell’eccidio (furono 244 i civili trucidati dai nazisti tra il paese e le frazioni di Cornia e San Pancrazio) strinse la mano a Steinmeier, allora ministro degli Esteri che davanti al monumento ai caduti non esitò a dire: “Sono tedesco. Mi vergogno profondamente, sono sconvolto. Mi inchino dinanzi ai morti e chiedo scusa a nome della Germania”. Oggi Steinmeier è presidente della Germania ma quel 30 giugno 2014 non l’ha dimenticato. Ha deciso di conferire a Ida Balò l’Ordine al merito della repubblica federale tedesca. Un riconoscimento che rovescia la storia: da vittima dei nazisti a insignita del più alto riconoscimento della Germania. La via della pace si costruisce anche così.

La strage di Civitella
La strage di Civitella

“Non me l’aspettavo, è un atto importante”, dice schietta Balò, poi legge la motivazione: “Per le sue particolari benemerenze acquisite verso la Repubblica di Germania e il suo meritevole apporto al rafforzamento delle relazioni italo-tedesche nel segno della pace, della concordia e della riconciliazione”. C’è una data: 27 giugno nella stessa piazza dell’incontro con Steinmeier. Da lei verrà l’ambasciatore tedesco in Italia, Lucas per consegnarle il riconoscimento, due giorni prima della commemorazione dell’eccidio, ottantuno anni fa: parteciperà, tra gli altri, il sottosegretario agli interni Emanuele Prisco.

Riconciliazione. Parola-chiave di una vita spesa a raccontare l’orrore affinchè nessuno dimentichi e tutti comprendano l’urgenza della pace. “L’ho fatto non per me ma per tutti i nostri morti”, sussurra tra le lacrime. È lei, ad accogliere a Civitella comitive di tedeschi che chiedono di visitare i luoghi della strage, vogliono sapere, capire. “Le loro reazioni sono di sconcerto: una persona si è rifiutata di darmi la mano, alla fine della visita. Gli ho chiesto il motivo e lui ha risposto: ‘Mi vergogno per quello che ha fatto qui mio nonno’. L’ho rassicurato: le colpe dei padri non ricadono sui figli. E ci siamo stretti la mano. Lui mi ha detto: ‘grazie, mi ha ridato la vita””. La sale della Memoria, l’associazione, il libro con i racconti delle vedove dei morti ammazzati dai nazisti, una ferita “che col tempo rimargina, ma se la tocchi brucia”. Quella mattina di giugno, ottantuno anni fa, Ida era in chiesa insieme ai parrocchiani rientrati in paese dopo l’uccisione dei due tedeschi nel raid dei partigiani al Circolo.

“Tutti dicevano che i nazisti avevano capito che la gente di Civitella con quell’attentato non aveva niente a che fare. In chiesa don Alcide disse a tutti di fare la comunione, anche quelli che non si erano confessati. Ci rassicurava. Dieci giorni prima, il 18 giugno aveva fatto ricomporre i corpi dei due tedeschi uccisi, vi aveva deposto gigli colti nel suo orto, aveva officiato il funerale al cimitero davanti a una delegazione di tedeschi. Eravamo in chiesa per la festa di San Pietro e Paolo. All’improvviso il fragore di una bomba a mano fece saltare il portone. Ci fecero mettere alla parete, avevano i mitra spianati: presero il parroco che prima si tolse i paramenti. Sul sagrato separano le donne e i bambini dagli uomini. ‘Raus, campagna!’, ci urlarono. Raggiungemmo un collegio di suore poco fuori il paese e da lì scoprimmo Civitella in fiamme. Gli uomini furono uccisi e i corpi buttati nelle case date alle fiamme”.

C’è un’immagine che Ida non cancella: “I nazisti indossavano grembiuli di gomma, per non sporcarsi col sangue dei morti durante la mattanza”. Quella mattina, prima della strage, salutò il padre, avrebbero dovuto incontrarsi poco dopo, ma “non l’ho più rivisto. Lo fucilarono con i suoi operai e alcuni contadini, vicino alla cava: era andato a mettere al sicuro la macchina trita-sassi comprata con un mutuo alla fiera di Milano; aveva finito di pagare l’ultima rata quindici giorni prima di morire”. Silenzio, la ferita brucia.