YLENIA CHECCHETTI
Cronaca

Castellani, la forza e il dolore del figlio: “Abbiamo lottato una vita però non si dimentica”

Franco Castellani aveva sei anni quando perse il suo affetto più caro. La dedica: “La vittoria morale è per mio babbo, mamma Irma e mia sorella Carla”

Castellani, la forza e il dolore del figlio: “Abbiamo lottato una vita però non si dimentica”

Montelupo Fiorentino (Firenze), 7 maggio 2025 – Piazza San Rocco, Fibbiana. Civico 8. Stessa casa, 80 anni dopo. Sulla soglia di quell’appartamento dove oggi brilla una pietra d’inciampo (e sulle pareti della quale, presto, prenderà colore un murale su iniziativa degli ultras dell’Empoli) nel 1944 Franco perdeva suo babbo. Carlo Castellani fu deportato dai nazisti che cercavano il padre David, convinto antifascista. E il figlio dell’indimenticato bomber dell’Empoli è qui che vive ancora oggi, a 87 anni. Dalla stessa finestra dalla quale ha aspettato, invano, il ritorno del padre deportato a Gusen, qualcosa però ieri è cambiato. Una sentenza ha riscritto la storia.

Come ha appreso la notiza?

“Ci è arrivata dall’avvocato. Sono sempre stato pessimista, se non vedo non credo, io. Sui ristori ancora non ci sbilanciamo. Restiamo coi piedi per terra, però una cosa la voglio dire. Riconoscere la Germania colpevole di un reato è un passo avanti. Ma doveva accadere prima”.

Giustizia, almeno in parte, è fatta…

“Si chiude un cerchio. Ma la viviamo con sobrietà. Il peso portato in questi 80 anni è un po’ più leggero ora, però non si dimentica”.

Che ricordo ha di suo padre? “Solo sprazzi. Momenti. Ma che ci voleva bene, me lo ricordo. E ricordo di quella volta che mi portò con sé a caccia e mi ritrovai da solo nei campi; cominciai a piangere chiedendo aiuto a un contadino. Poi c’è la notte in cui lo portarono via. Ero in mezzo a lui e a mia madre quando lo chiamarono giù in piazzetta con l’inganno. Eravamo proprio qui, in questa casa. Lo racconto sempre nelle scuole. E quando non lo faccio è perché sto perdendo la memoria”.

A proposito, oggi gli studenti empolesi partiranno per il Viaggio della Memoria, che toccherà anche Gusen. Cosa si sente di dire loro?

“Non partecipo da due anni, ma anche se non vado sono convinto che lo rammenteranno spesso, il babbo. Spero che coi loro occhi si rendano conto di cos’è stato il fascismo. Può bastare. Non è un viaggio di piacere, questo”.

Se lo avesse qui, il babbo, cosa gli direbbe?

“Chissà dove è; parlarci mi piacerebbe. Se ci fosse stato gli avrei detto che l’abbiamo aspettato tanto, è mancato qui in casa. E abbiamo lottato una vita intera per lui”.

A chi dedica questa vittoria morale?…

“A lui, a mia mamma Irma e a mia sorella Carla”.

C’è mai stato un momento in cui avete pensato di mollare? “Raccogliere il materiale all’inizio è stato impegnativo. Ci credevo poco ma i miei figli hanno insistito. Ora ci aspettiamo che vada bene anche il seguito, con la sentenza definitiva e l’eventuale risarcimento”.

Se questa somma dovesse arrivare davvero, a cosa la destinerà?

“Faremo una donazione per la ricerca, ne stiamo già parlando. Per mantenere viva la memoria. Per sensibilizzare bambini, ragazzi, ci vogliono soldi. E magari, una parte potrebbe servire per finire di ristrutturare questa casa, è importante per noi. La casa dove tutto è cominciato. E’ la casa di famiglia”.

Un messaggio di incoraggiamento per chi si trova ad affrontare la stessa battaglia legale?

“All’inizio non è stato facile. A questo punto la speranza c’è per tutti; si intravede un barlume di luce, dopo due anni di scoraggiamento. Ma ora cambiamo discorso…”

Dica…

“Vediamo di vincere con il Parma sabato. Però diciamolo piano, per scaramanzia”.