LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"Attenti allo sgambetto turco". La tassa si unisce ai dazi Usa. I sindacati in allerta sulla crisi

Fascetto (Cgil): "Non drammatizziamo ma frenata evidente. Colpisce soprattutto le piccole aziende". Dai giganti ancora nessuna richiesta di cassa integrazione. "Ma la qualità aretina ci rassicura".

La tassa al 6% sui semilavorati imposta dalla Turchia penalizza le aziende aretine

La tassa al 6% sui semilavorati imposta dalla Turchia penalizza le aziende aretine

"Nessun allarmismo, ma non siamo al tempo dei fasti". Nel quartier generale della Cgil i sensori sono accesi da tempo e assicurano un monitoraggio costante sul distretto. E in una stagione ben lontana dalla corsa senza freni di due anni fa, l’attenzione si concentra maggiormente sulle piccole aziende che compongono la filiera della produzione: sono loro le più esposte all’onda d’urto dei dazi trumpiani che si sommano alla tassa imposta dalla Turchia - un 6% che pesa come un macigno sui semilavorati in arrivo da Arezzo - e al costo dell’oro che ieri ha toccato quota cento euro al grammo: un record. Sono "leve" che inceppano il sistema causando un rallentamento degli ordini e, di conseguenza, dei livelli produttivi. Nessun allarmismo, è il mantra della Cgil che registra il polso della situazione dall’osservatorio delle grandi aziende e "ad oggi non abbiamo richieste di accesso agli ammortizzatori sociali da parte delle imprese nelle quali siamo presenti, ma è chiaro che il trend del 2025 non è paragonabile a quello degli anni precedenti con livelli produttivi più alti e crescita velocissima", spiega Antonio Fascetto, segretario generale della Fiom Cgil. Il monitoraggio si concentra in particolare sulla "tenuta dei livelli occupazionali" in un comparto che dà lavoro a novemila lavoratori. "Al momento non abbiamo segnali tali da ipotizzare scenari di crisi, anche se attraversiamo una fase complessa". Insomma, si viaggia al rallenty ma senza drammatizzare. Certo è che Vicenzaoro restituisce una fotografia un pò sbiadita: gli imprenditori tornano a casa con meno ordini e meno "pesanti" nel trolley. E siccome da sempre l’appuntamento di settembre misura il polso sl distretto nel rush finale dell’anno, le previsioni lasciano un margine di preoccupazione tra gli addetti ai lavori. Va anche detto che bisogna distinguere tra gioielleria e materie prime, anche perchè i dati del primo trimestre, da un lato registrano un rallentamento della gioielleria, dall’altro un’impennata degli acquisti di lingotti. Investimenti in bene rifugio che adesso tirano il mercato, in attesa che il comparto dell’oreficeria torni a volare. Ma è sul dato della Turchia che Fascetto punta il faro. "Secondo me è una situazione sottovalutata, della quale si parla poco e invece rappresenta uno degli elementi di maggiore impatto sulle aziende, specialmente sulle piccole, in un settore dei semilavorati che copre una fascia importante della produttività del sistema oro. L’imposta al 6% sulle importazioni, è un’ulteriore gabella che costringe le aziende a fare scelte. E come in un effetto domino, avranno un impatto sul consumatore finale". Variabili sulla bilancia che pesa i gioielli aretini: in un piatto ci sono i segnali di frenata, nell’altro l’ottimismo degli imprenditori. L’ago della bilancia è la qualità dei prodotti del distretto. Con buona pace dei dazi di Trump e le tasse della Turchia.