Il sopravvissuto a Gressoney: "Prima uno scricchiolìo, poi il boato"

E' ancora sotto choc dopo aver visto morire gli amici. "C’eravamo accorti che qualcosa non andava"

I soccorsi

I soccorsi

La Spezia, 18 febbraio 2017 - Gli alpinisti si erano accorti che la temperatura stava aumentando, e per questo stavano accelerando la scalata, ma «all’improvviso si è sentito uno scricchiolio, poi un boato e mezza cascata è crollata travolgendo tutti». Piange e scuote la testa, Tino Amore, unico superstite della tragedia del Bonne Année, mentre racconta ai carabinieri di Gressoney quell’attimo che ha strappato alla vita gli amici di sempre Antonella Gerini, 50 anni; Antonella Gallo, 51 anni; Mauro Franceschini, 57 anni, e Fabrizio Recchia di 51 anni.

«C’eravamo accorti che la temperatura era salita – ha spiegato Amore ai militari –. Per questo abbiamo deciso di accelerare. Io ero quasi in cima alla cascata, gli altri poco più in basso in sosta. Mi mancavano pochi metri a uscire, gli altri erano a due terzi della cascata, diciamo a 50-60 metri dalla base. Fermi in sosta, aspettavano di salire. Per loro non c’è stata via di scampo».

Una tragedia senza precedenti per l’alpinismo spezzino, alla cui base Procura e investigatori del Soccorso alpino della Guardia di Finanza di Cervinia ipotizzano una tragica fatalità. Il pubblico ministero di Aosta, Luca Ceccanti, consultate le prime informative arrivate in Procura, ha deciso di aprire un fascicolo per fatti non costituenti reato, non ravvedendo allo stato né un’ipotesi di illecito da coltivare attraverso ulteriori approfondimenti, né indagati. Lo stesso pm nel pomeriggio ha firmato i nulla osta per la restituzione delle salme, al termine dell’esame visivo esterno svolto all’obitorio di Aosta.

I corpi dei quattro alpinisti potrebbero giungere alla Spezia già oggi, all’obitorio del Sant’Andrea. L’ultimo saluto ai quattro scalatori si terrà con molta probabilità lunedì mattina, nella Cattedrale di Cristo Re, sempre alla Spezia: i famigliari stanno infatti pensando a un’unica cerimonia. Della natura imprevedibile dell’evento e dell’assenza di errori umani sembrano convinti anche i finanzieri di Cervinia, guidati dal maresciallo Massimiliano Giovannini, che hanno ricostruito la dinamica dei fatti e che non hanno sequestrato il materiale utilizzato dagli alpinisti per la scalata: l’attrezzatura era in ottimo stato e abbondante, non mancava nulla ed era tutta perfettamente idonea. I cinque alpinisti si erano organizzati in due cordate: una composta da due persone, tra cui Tino Amore, l’altra di tre.

Quando si è verificato il crollo, Amore si trovava in una cengia di sosta, a pochi metri dalla vetta, assicurato da una corda a un chiodo piantato sul ghiaccio. Gli altri si trovavano più in basso. In un attimo un fronte di trenta metri di ghiaccio si è staccato dalla cascata, portandosi con sé anche quattro alpinisti. Non Tino Amore: la corda che lo legava al collega è stata tranciata dal ghiaccio in caduta libera. Un volo spaventoso, poi l’impatto, terrificante, al suolo. Per i quattro alpinisti non c’è stato nulla da fare, mentre Tino Amore è stato tratto in salvo dall’elicottero del Soccorso alpino valdostano. Sulle cause che hanno generato il crollo del ghiaccio, gli stessi finanzieri non escludono l’ipotesi maturata fin dall’inizio: il rialzo termico: 17 gradi in due ore.