MARTINA DEL CHICCA
Cronaca

Ucciso per una borsetta. Dal Pino rinviata a giudizio. Rischia anche l’ergastolo

A processo con l’accusa di omicidio volontario con una serie di aggravanti. Respinta la tesi della difesa che chiedeva l’eccesso colposo di legittima difesa.

L’immagine di una videocamera che inquadra il momento dell’omicidio

L’immagine di una videocamera che inquadra il momento dell’omicidio

È arrivata al tribunale di Lucca accompagnata dalle persone che le sono più vicine. Ed è rimasta in silenzio. Nessuna parola durante tutta l’udienza preliminare. Nemmeno quando il Gup Simone Silvestri, rigettando la richiesta di rito abbreviato presentata dalla difesa, ha disposto per lei il rinvio a giudizio di fronte alla Corte d’Assise. Si aprirà dunque il 24 settembre il processo a carico di Cinzia Dal Pino, l’imprenditrice balneare accusata di aver ucciso il 52enne Nourdine Mezgoui. Per una borsetta.

Come richiesto dal pubblico ministero Sara Polino, trovando l’accoglimento del Gup, la donna dovrà rispondere del reato di omicidio volontario con le aggravanti della crudeltà, dei futili motivi, del ricorso a un mezzo insidioso e della minorata difesa. Se verranno riconosciute dai giudici, Dal Pino rischia l’ergastolo.

Durante l’udienza la pubblica accusa ha dunque ripercorso i fatti di quella sera. Era l’8 settembre, e c’era un temporale. Poco prima di mezzanotte Dal Pino è uscita dal ristorante di via Coppino, nel quale aveva cenato insieme a un gruppo di amici; per poi avviarsi da sola verso l’auto. Dove sarebbe stata sorpresa da Mezgui, cittadino originario del Marocco in Italia da una ventina d’anni, dove per tutti era “Said“, che, secondo quanto ricostruito, le avrebbe rubato la borsa.

Quello che accadrà nei due minuti successivi è testimoniato dai filmati di diverse telecamere che puntano sulla strada dei grandi cantieri della nautica. Mostrano Nourdine camminare verso il mare sul marciapiede, sotto la pioggia e con qualcosa in mano. Presumibilmente proprio la borsetta. Alle sue spalle appaiono i fari del Suv guidato da Dal Pino, che dopo aver sterzato travolge l’uomo schiacciandolo con il cofano della Mercedes contro la vetrina di un’attività. La donna ripeterà quella manovra altre tre volte, fin quando Mezgui rimane a terra, A quel punto Dal Pino è scesa, ha recuperato la borsa, è risalita in auto e si è allontanata. Arrivata sulla coda di via Coppino ha fatto inversione, e con l’auto è passata ancora fianco del corpo di Mezgui rimasto supino sull’asfalto fradicio d’acqua. Ed è tornata a casa, dopo aver riconsegnato l’ombrello che la titolare del ristorante le aveva prestato per ripararsi dalla pioggia. Ma senza mai chiamare i soccorsi. A farlo sarà una coppia, vedendo quel corpo steso a terra. E ormai esanime.

Al Gup il professor Enrico Marzaduri, legale di Dal Pino, ha chiesto l’esclusione di tutte le aggravanti e di riclassificare il reato in eccesso colposo di legittima difesa o omicidio preterintenzionale. Ma le sue richieste sono state respinte. "Me lo aspettavo – commenta Marzaduri –, come posso aspettarmi tutto quello che è legittimo da un punto di vista giuridico". "Ma – aggiunge – siamo comunque pronti a difenderci in Corte d’Assise dalle imputazioni che vengono contestate alla mia assistita". Che resta ai domiciliari, e descrive come "fortemente provata".

Lo sono anche i familiari di Norudine Mezgui, fratelli e sorelle che ancora vivono a Casablanca, e che ieri si sono costituiti come parte civile nel processo per tramite degli avvocati Enrico Carboni e Gianmarco Romanini: "Siamo soddisfatti che le contestazioni mosse dalla Procura – commentano gli avvocati – saranno sottoposte ad un approfondito vaglio davanti la Corte d’Assise. La quale – proseguono –, ascoltando testimoni, sentendo consulenti, o disponendo integrazioni probatorie, protrà formulare e quindi ritenere provata la migliore contestazione a carico della signora. Con la determinazione del trattamento sanzionatorio secondo il loro migliore giudizio".

Paolo Di GraziaMartina Del Chicca