
Vittoria è figlia di Antonio Ricci, inventore, autore e regista di “Striscia La Notizia”, ed è lei che ha curato il grande museo a Cologno Monzese dedicato proprio alla trasmissione più longeva della storia televisiva
Seravezza, 14 maggio 2025 – La sua vita si intreccia con quella del Gabibbo. Così come quella di Striscia La Notizia si fonde con le dinamiche d’Italia (‘Belandi’ ci sarebbe da dire). Vittoria Ricci, figlia dell’autore e produttore televisivo Antonio Ricci, geniale inventore del tg satirico Mediaset, ha esplorato la mostra “Ritorno ai ’90” ospitata fino al 27 luglio a Palazzo Mediceo: a fare da cicerone il direttore della Fondazione Davide Monaco che l’ha accompagnata in un percorso a ritroso tra copertine di magazine, giochi in scatola, maxi Simpson, zainetti Invicta, il motorino Si Piaggio, gli Swatch, i bomber, le immagini delle top da passerella. Poi la sosta nello spazio dedicato proprio ad alcuni cimeli della trasmissione tv più longeva, tra tapiri e Gabibbo, reso possibile proprio grazie a un impegno di ricerca messo in atto da Vittoria che molti anni fa ha dato impulso al grande Museo di Striscia a Cologno Monzese.

Come nacque l’idea di esporre la storia del programma?
“Me lo propose mio padre. Non ho competenze scenografiche o di design, però sono appassionata di mostre per il mondo. Così ho preso spunto dalla mostra celebrativa per i 20 anni di Striscia, allestita alla Triennale di Milano che, ancora oggi, è la più visitata in assoluto nella storia del museo. Il problema è stato ritrovare i cimeli esposti. In primis i 4138 piccoli schermi che proiettavano ciascuno una puntata differente e che erano stati la principale attrattiva per il pubblico: dopo una ricerca certosina li trovai in un magazzino Mediaset in mezzo ai bilici parcheggiati e a una miriade di cose accatastate. Oggi sono funzionanti e anima della permanente. E così, da una piccola vetrinetta, è nato il grande museo aperto al pubblico di Striscia e alle scuole. E’ stato anche un lavoro collettivo, tanti collaboratori hanno contribuito con i loro ricordi, uno dei nostri cameramen storici mi ha portato la scaletta della puntata zero di Striscia”.
Le chicche?
“Mio padre è molto affezionato al Tapiro in cartapesta che gli è stato donato dai carcerati di San Vittore. C’è anche il Tapiro di sale che rifiutò Wanna Marchi, insieme a una foto diffusa all’epoca dal fidanzato di Stefania Nobile, Davide Lacerenza, in cui, come nell’opera “Davide e Golia” di Caravaggio, appare con la testa di mio padre in mano. Tra i miei preferiti il Gabibbone composto da 65mila mattoncini Lego e la busta contenente il programma di Governo che l’allora Presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, indirizzò proprio al Gabibbo”.
Tra l’altro il programma è pieno di simbolismi...
“Niente a Striscia è casuale: all’ingresso della redazione ci sono le onde dipinte perchè mio padre, da buon ligure, vuole vedere il mare. Ma anche perché, nelle antiche simbologie, l’onda rappresenta il dubbio. Il dubbio è da sempre l’imperativo di Striscia ed è alla base del nostro lavoro: rifiutiamo il pensiero unico e coloro che si ritengono depositari di verità inscalfibili a favore del confronto costruttivo.”
E’ vero che un costume delle veline fu denunciato per vilipendio alla bandiera?
“Sì, Striscia è un programma di denuncia ed è inevitabile che a sua volta venga denunciato. Le polemiche ci rendono vivi”.
Ma secondo lei il velinismo è stato emancipazione o mercificazione?
“Le veline sono ragazze della porta accanto che lavorano duro in sala prove e studiano dizione. Sono orgogliosa di lavorare con giovani così: l’attuale mora Beatrice Coari frequenta l’università e studia in camerino tra una prova e l’altra. Le veline ci riportano all’ intrattenimento del varietà. Mio padre propose già dagli anni 90 sul bancone anche figure maschili come il velino Edo Soldo”.
Come fa oggi Striscia a resistere in un’offerta di programmi di approfondimento così vasta?
“Due sono gli elementi vincenti: la verifica attenta dei fatti e delle fonti e l’elemento ‘casa’, il team di lavoro è lo stesso da 40 anni ed è una grande famiglia”
Lei è nata nel 1988 e quindi ha vissuto l’infanzia negli anni Novanta: quale oggetto della rassegna al Mediceo le ha acceso la memoria?
“Rivedere Michael Jackson mi ha fatto ricordare quando a 8 anni tormentai i miei genitori affinché mi accompagnassero al concerto a San Siro. Il mio passato è legato anche al Game Boy e all’elenco telefonico immancabile in casa. Erano gli anni delle Spice Girls, degli zainetti con i ciucci appesi e di tante cose belle. Per godermi ancora un po’ il mood, rifaccio un giro.