
Simone Remedi. L’incontro col Malfatti: "Quel suo “Mi’ riordo“ è scolpito nel cuore"
Era piccolo, aveva su per giù 5 anni. Eppure Simone Remedi, una delle anime della compagnia “Cantiere Teatro Viareggio“ – che debutterà stasera con una nuova canzonetta al Teatro Jenco – ricorda tutto di quella sera d’inverno di oltre 40 anni fa. "C’era il rione Centro. All’epoca abitavo tra la via Zanardelli e la via Sant’Andrea. La finestra del salottino affacciava su uno dei palchi. Da lì la musica cominciò ad invadere la casa; allora mi affacciai. E vidi un signore con il cappello blu, i baffi bianchi, seduto su una sedia con la sua chitarra. Cantava una canzone...".
Il Malfatti.
"Sì. Era Egisto Malfatti, che cantava il “Mi’ riordo“. Questo è il primo ricordo che ho del Carnevale. Dell’emozione, ancora viva, di quella sera ne ho fatto anche un monologo per uno dei miei spettacoli".
Con il Cantiere Teatro, dal 2017, provate a dare un futuro alla storia della Canzonetta, che proprio Malfatti ha portato al successo. Cosa porterete in scena quest’anno?
"Il titolo dello spettacolo è “A santa bona ne la mangionno i ttopi“".
Sono viareggina, ma confesso che questo detto mi manca.
"È un detto vernacolare. Che si usava per definire una persona fin troppo buona".
Che spettacolo sarà?
"A metà tra la commedia e lo sketch. Un bel copione scritto a otto mani, da me, Luca Cantalupi, Beppe Vannucchi e Brunello Barsottelli, che ruota attorno alla storia di questo Sirio Tomei".
Lei vestirà i panni di Sirio?
"Esatto. Sirio è un viareggino emigrato in Brasile 29 anni fa. Nell’ultima edizione del Festival Latino Americano, al curvone della Darsena, si ferma a cena in un ristorante brasiliano, e lì conosce una cameriera e si innamora. Per questo lascia Viareggio e parte con lei. Ma la morte della nonna, “La bella Ro’“ (e qui torna il Malfatti), lo riporta a casa. Lui pensa di poter sbrigare in fretta le pratiche dell’eredità, e invece comincia un viaggio per le strade della città che riscopre".
Che ruolo ha, oggi, la Canzonetta per il Carnevale e per Viareggio?
"È parte della sua tradizione. L’occasione per tramandare la storia e la cultura di questa città. Il vernacolo, i personaggi, la vena satirica..."
Però sta rischiando l’estinzione...
"Purtroppo sì, perché i tempi sono cambiati e le compagnie hanno pochi spazi e poco supporto, anche se tutto ciò che facciamo ha uno scopo benefico. Quest’anno, ad esempio, tutto il ricavato della Canzonetta sarà devoluto alla onlus Agape".
Sarebbe bello se la Cittadella potesse ospitare spazi per le incisioni e per le compagnie teatrali. Proviamo a lanciare la proposta?
"Sarebbe fantastico. Perché Viareggio è una città piena di creatività, tra artigianato, musica e teatro, che merita di essere incentivata e coltivata".
Cos’è, per lei, il Carnevale?
"Un momento di felicità collettiva. E dunque un privilegio".