di Tommaso
Strambi
"Scartabellando tra le fotografie ritrovate a casa di mia madre ho adocchiato un foglio giallo, ripiegato in quattro spicchi. Osservandone la calligrafia ho realizzato subito che si trattava di qualcosa scritto da mio padre". Luigi Contu, è il direttore dell’Ansa, la principale agenzia giornalistica italiana. Dal suo centro di comando escono i principali take con le “notizie” del nostro Paese e non solo. “Lanci” che prima di finire “in pasto” ai media di tutto il mondo sono passate al vaglio di una puntualissima e precisa verifica. Un errore, anche banale, rischia di compromettere la reputazione. In tutti i settori: dalla politica all’economia, dalle inchieste giudiziarie alla finanza. L’attenzione è sempre alta.
Per Contu, che ha iniziato giovanissimo negli anni delle Radio Libere, per approdare presto all’agenzia e quindi diventare il capo della redazione Interni (le cronache italiane) de La Repubblica prima di ritornare da direttore all’Ansa, è un “vizio” di famiglia. Suo padre, Ignazio, è stato un giornalista parlamentare e un portavoce scrupolosissimo, come suo nonno Rafaele, eclettico letterato e instancabile fondatore di riviste letterarie e scientifiche. Tutti appassionati di libri. E ai volumi, di ogni genere, Luigi ha dedicato un piacevolissimo testo I libri si sentono soli uscito per La Nave di Teseo e che, settimana dopo settimana, con un grande passaparola continua ancora oggi a distanza di mesi a suscitare interesse e conquistare nuovi lettori.
Ma torniamo a quel foglio giallo, ripiegato in quattro spicchi. Ignazio, il padre di Luigi, lo aveva scritto al figlio molti anni prima indicandogli cinque libri da leggere, che lui stesso aveva "letto con grande piacere". Tra questi cinque libri c’è Libere donne di Magliano, capolavoro del medico scrittore viareggino Mario Tobino. Un libro che proprio in queste settimane ha compiuto 70 anni dalla prima pubblicazione.
Luigi ha seguito il consiglio di suo padre?
"Lessi quei libri l’estate stessa. Fu una estate particolare perché ero stato rimandato in latino e greco in primo ginnasio e per questo rimasi a Roma con mia nonna, a fare ripetizioni. In quei tempi Roma si svuotava completamente, tutto era chiuso. Nessun amico da vedere. Quei libri li lessi uno dopo l’altro, nei lunghi e caldi pomeriggi. E mi piacquero tutti e cinque".
Perché secondo lei le indicò tra quelle cinque letture da fare Libere donne di Magliano?
"Mio padre sosteneva che i libri servivano a conoscere il mondo, capire la vita. Nel bene e nel male. Nella lettera, nella quale mi spiegava perché a suo avviso avrei dovuto leggere proprio quei libri scrisse: “Capirai, forse, cos’è il dolore e cosè il dovere. Il senso della missione umana di un medico che vuole curare l’anima dei malati e il significato straziante della follia".
A lei cosa ha lasciato la scrittura di Tobino?
"È stato il mio primo contatto con il tema della follia. Mio padre aveva ragione. Rimasi molto colpito da quel racconto e cominciai a guardare con occhi diversi il tema dei matti. Tra ragazzi spesso si scherzava su questo. Da quel giorno smisi di scherzare, rimproverando gli amici che continuavano".
Quel libro cosa ha ancora da dire a distanza di 70 anni dalla prima pubblicazione?
"Il mondo è cambiato, dopo qualche anno è arrivata la Legge Basaglia. Ma ancora oggi il messaggio più forte di quel racconto è chiaro: le persone malate di mente hanno bisogno del nostro amore e noi abbiamo bisogno del loro".
A sua volta lo ha consigliato ai suoi figli?
"Sì certo, il mio terzo genito Ignazio, che ha 17 anni li ha letti tutti e cinque e anche lui li ha molto apprezzati. I grandi avevano già letto Il Gattopardo, e Metello. Spero che completino la lettura!".
Perché i libri si sentono soli?
"È una frase che mi ripeteva spesso mio padre quando mi parlava dell’importanza della lettura. Ho scoperto dopo che era un lascito di suo padre: si sentono soli perché hanno un’anima. Proprio come noi diceva.. E siccome mio nonno era una persona malinconica sosteneva che, come gli uomini, i libri sentono la solitudine se abbandonati sugli scaffali".
Però loro, i libri, non ci fanno mai sentire soli….
"Mai. L’ho capito proprio quell’estate del 1977".