
Le parole del giornalista Paolo Mieli, da quasi un anno presidente del Premio Répaci, pronunciate a giustificazione della scelta dell’ex ad delle Ferrovie Mauro Moretti di non rinunciare alla prescrizione per il reato di omicidio colposo plurimo nel processo di appello-bis, hanno scosso profondamente i familiari delle vittime. Che hanno deciso di indirizzare a Mieli una lunga e caustica missiva.
"La risposta che ha dato a Radio 24 su quanto accaduto nella prima udienza è quanto meno inopportuna – si legge –; come sa, a giugno saranno 13 anni da quella strage di donne, uomini e bambini che sono stati uccisi bruciati vivi mentre erano al sicuro nelle loro case e sicuramente tutti noi avremmo voluto un processo più celere e più giusto. Ha ragione quando sostiene che ’uno’ non può stare sotto processo per trent’anni, ma perché ha pensato solo al condannato in tre gradi di giudizio, e non le è venuta in mente una parola per i familiari?".
"La lungaggine dei processi è altro da quello che è accaduto il 7 marzo a Firenze e non si risolve nel modo ’Cartabia’ – continua la lettera – perché i processi a volte possono essere talmente tecnici che non si possono risolvere in tre anni. Ma i processi vanno fatti. Lei non ha mai partecipato a una delle oltre 150 udienze a cui noi, invece, siamo sempre stati presenti. Lei ha letto le 1.200 pagine delle motivazioni di primo grado, le 582 di secondo grado e le circa 200 della Cassazione? Noi sì, e più volte. Tutto questo per dirle, signor Mieli, che la sua uscita è stata infausta e molto di cattivo gusto. Poteva ricordare di essere presidente del Premio Viareggio Répaci, e che quindi un suo giudizio sarebbe stato inopportuno. O ancora meglio, poteva semplicemente tacere. Non costava niente: anzi, avrebbe avuto rispetto per 32 vite bruciate".
"Lei ha detto ’a Viareggio urlano’. Sì, caro signore, a Viareggio urleremo sempre le scelte scellerate e le inadempienze e negligenze che il cavalier Moretti ha ’deciso’, creando una politica di abbandono della sicurezza che ha prodotto la strage di Viareggio solo per profitto. Comunque, stia tranquillo, come deve star tranquillo anche un altro giornalista, tale Giorgio Meletti: il sistema è stato protetto a Roma. La Cassazione non ha riconosciuto le aggravanti dell’incidente sul lavoro e quindi tutto continuerà come sempre e voi potrete continuare a parlare, non a ragion veduta, quanto volete. Un’ultima cosa, signor Mieli – si chiude la lettera –: sarebbe meglio che non venisse a Viareggio perché potrebbe sentire ancora le nostre urla. E questo potrebbe disturbarla".
RedViar