Maestro di giornalismo E’ morto Tommasi Diresse la nostra cronaca

Si è spento a 81 anni a causa di una malattia. Era entrato in redazione negli anni ‘60 e aveva seguito anche il caso Lavorini. Lascia la moglie Serena.

Tom o Tommy, fin dal primo giorno in cui aveva varcato la porta della “Nazione” a metà degli anni ‘60, erano stati i suoi nomi nella vita adrenalinica di redazione e nelle corse contro il tempo. Pierluigi Tommasi - scomparso a 81 anni: le più sentite condoglianze alla moglie Serena da tutti coloro che hanno lavorato con lui - era rimasto al lavoro in città nella redazione in Galleria D’Azeglio che aveva a lungo diretto, fino a una domenica sera di un giorno di fine novembre 1999 quando rivolgendosi ai colleghi disse “da domani ci vediamo in Passeggiata, da fine mese sono in pensione”. Fu quasi un fulmine a ciel sereno anche se in cuor proprio probabilmente quella decisione aveva maturato piano piano nel corso degli ultimi mesi.

La notizia che Pierluigi Tommasi ha varcato le porte dell’aldilà è arrivata all’improvviso, con un velo di quella discrezione che era un po’ il suo modo con cui si era approcciato alla vita e poi al giornale. Fin da ragazzino aveva manifestato interesse per il giornalismo. E in una redazione che stava piano piano formandosi - con il compianto Ugo Dotti in veste di capo-servizio - Pierluigi aveva incominciato a crescere giorno dopo giorno, occupandosi di cronaca, dalla a alla z, anche se il Carnevale e la nera erano le sue passioni: erano gli anni ‘70 e Viareggio si trovava immersa nel vortice devastante del caso Lavorini, una vicenda epocale che vide anche Tommasi come cronista impegnato con tutta la redazione in una vorticosa ricerca del bandolo della matassa.

Pierluigi Tommasi è stato anche un riferimento per i numerosi giovani che bussavano alla porta del giornalismo, a quei tempi in fase di crescita. Con realismo e senza sdolcinature, spiegava i pro e i contro del mestiere chiarendo che “il tuo futuro è tutto da scrivere”: come dire che niente era sicuro, non c’era la certezza che dopo la lunga gavetta sarebbe stato assunto. Bisognava darci dentro, insistere, avere voglia di mettersi in gioco. Chi sposava questo progetto, sapeva che cosa l’aspettava.

Quando Ugo Dotti andò in pensione a fine aprile 1992, il testimone passò a Pierluigi che per sette anni ha guidato il giornale in città fino al giorno in cui ha deciso di dire “mi fermo qui”. Da allora - fine ‘99 - il rapporto con la redazione si era piano piano stemperato. Ieri la notizia della sua morte, con un naturale moto di commozione in tutti coloro che lo hanno conosciuto o condiviso con lui un tratto importante del percorso professionale. Mancherà la sua serietà professionale, il suo equilibrio nel giudicare le notizie, la capacità organizzativa nel distribuire i compiti e nel confezionare le pagine.

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