L’eredità di Giulia: "Ora le ragazze non stanno più zitte. Il rumore fa effetto"

Dopo il femminicidio della 22enne veneta anche Viareggio si mobilita. In aumento le donazioni e le volontarie attive alla “Casa delle Donne“. La presidente Raffaelli: "Lo Stato sostenga i centri anti violenza".

VIAREGGIO

"La violenza sulle donne è quotidiana. È un fenomeno strutturale e sistemico, e non emergenziale" sentenzia Ersilia Raffaelli, presidente della Casa delle Donne e del Centro Antiviolenza di Viareggio sull’onda dell’emozione suscitata dall’uccisione della giovanissima Giulia Cecchettin. "Anche nel nostro centro – affermano – dopo la morte di Giulia è avvenuto quello che è avvenuto a livello nazionale: ci sono state maggiori richieste di aiuto e un’importante partecipazione anche della cittadinanza. Di singoli cittadini e di piccole imprese, che si sono impegnate nelle donazioni alla Casa delle Donne".

Un’onda che le rappresentanti del Centro sperano continui, per mostrare il fenomeno della violenza di genere nella sua consistenza e perché si ricorra a strumenti adatti ed efficaci. Non a scarpe o panchine rosse in memoria di, ma a risoluzioni valide e sistemiche. Come l’attuazione di leggi già in vigore e l’erogazione di finanziamenti adeguati e continui da parte dello Stato: "per dare la possibilità ai centri antiviolenza, con la formazione e i requisiti necessari, di esistere, e alle volontarie di soddisfare le richieste delle donne in difficoltà". Quota di volontariato ancora molto alta nel caso specifico della Casa delle Donne di Viareggio, che conta anche giovani professioniste tra le quali psicologhe e avvocate. E che, dopo la manifestazione dello scorso 25 novembre in nome di Giulia Cecchettin, che ha attirato lungo la Passeggiata circa 2000 persone, ha 12 nuove richieste di ragazze per diventare volontarie. Ma non solo. Perché, oltre il riscontro sociale e culturale, c’è stato un incremento di richieste da parte delle scuole, tassello importantissimo e fondamentale per la prevenzione che, come l’educazione sessuale e affettiva, da lì deve partire.

"Abbiamo avuto un incontro con 220 studenti e studentesse al Palazzetto dello Sport, uno all’Istituto Comprensivo Don Milani del quartiere Varignano, a Camaiore, al Liceo Classico Carducci, a Pietrasanta. Tutti resi possibili dalle operatrici che vanno nelle scuole per ascoltare e informare i ragazzi e le ragazze in maniera competente e preparata. E ci siamo accorte che le ragazze, adesso, parlano e si espongono molto di più. Hanno il desiderio di comunicare e non vogliono più star zitte. E per questo penso siano state fondamentali le parole di Elena e Gino Cecchettin", sottolinea Raffaelli, ricordando l’importanza di fare rumore, metafora del parlare e del dire. Per cominciare a cambiare le cose e tutelare la libertà delle donne che, come si è visto, possono fare rumore.

G.P.