Le ombre, spinte creatrici del teatro “Cattivi“ in anteprima nazionale

Lo spettacolo scritto e interpretato da Gennaro Duccilli andrà in scena martedì al Festival La Versiliana

Le ombre, spinte creatrici del teatro “Cattivi“ in anteprima nazionale

Lo spettacolo scritto e interpretato da Gennaro Duccilli andrà in scena martedì al Festival La Versiliana

È il “daimon“, la forza oscura definita da James Hillman, che spinge l’artista a creare e recitare, per un ultima volta. Ed è un viaggio in questo percorso artistico, e di vita, a partire proprio dagli archetipi oscuri, malvagi, che Gennaro Duccilli ha scritto “Cattivi“, lo spettacolo che, con Eleonora Mancini e Giordano Luci, porterà in scena, in anteprima nazionale, martedì sera sul palco del Giardino Barsanti del Festival La Versiliana.

Gennaro, com’è nato questo spettacolo?

"Da “Il codice dell’anima“ di Hillman, dal “daimon“ che va a stuzzicare l’attore sul finire della vita e gli provoca incubi, che trascinano anche il pubblico in un vortice di sensazioni. Così come vari sono i personaggi, dal fantasma dell’Opera a Dr Jekyll, Riccardo III, che si affacciano alla coscienza dell’attore, in un percorso che parte dall’infanzia fino allo scontro con un antagonista, interpretato da Giordano Luci, che lo ucciderà più volte. Ed è un percorso in cui un ruolo importante ha il jukebox, contrappunto ai passaggi da un’epoca all’altra e in cui, anche il cinema, è fondamentale, perché vedremo balenare sul palco la “Lolita“ di Kubrick, “Gli Intoccabili“, e tanti altri".

Nel ripercorrere questa vita artistica, quanto c’è della sua?

"Praticamente tutto. Dai miei esordi, con il teatro di ricerca a Napoli, fino alla compagnia con cui vivo, e sento mia, che è Teatro luce e ombra. Il percorso di questo attore è molto vicino al mio: ci saranno, ad esempio, momenti legati alle filastrocche napoletane che mi raccontava mia nonna, a tratti terrificanti".

Perché la scelta dell’archetipo del personaggio malvagio?

"Partiamo dal cattivo, il “daimon“ interpretato da Eleonora Mancini, ma ci sono tante cose buone che fuoriescono dalla nostra poetica, delle ombre nel senso junghiano. Il “seme cattivo“, come lo chiama Hillman, è il punto di partenza del viaggio, è importante nel passaggio e nelle suggestioni che avvengono e contaminano l’attore, che non si sa, poi, se concluderà nel bene, o nel male".

Il tempo, invece, che ruolo ha nello spettacolo?

"C’è una battuta “il teatro si fa beffe del tempo, dove passato, presente e futuro coesistono uno sulle gambe dell’altro“. È l’unico spazio, di tempo, il teatro, dove si può morire più volte, e anche nascere, e rinascere".

Qual è il messaggio che spera di comunicare agli spettatori?

"In realtà sono una miriade, perché partono da un percorso artistico e condiviso. Portiamo la nostra poetica, che può essere letta a più livelli, e il nostro modo di vivere e vedere il teatro e la vita. Attraverso le maschere autentiche disperiamo le maschere inautentiche del quotidiano".

Gaia Parrini