di Gaia Parrini
Quando le hanno chiesto cosa facesse da bambina, ha pensato subito al disegno, ai colori, alle matite. Ad un modo di esprimere sé stessa e di regalare una parte, di sé, anche agli altri. Come un dono e un regalo che, negli anni, Anna Tartaglia, grafica pubblicitaria e social media manager per vent’anni, ha riscoperto nell’arte terapia, nel mettere a disposizione degli altri, nel suo studio, così come nei corsi di formazione all’Università Popolare di Lucca, la sua tavolozza, i suoi pennelli, e i suoi colori. Anna, qual è il suo primo ricordo legato all’arte?
"Ho sempre disegnato da bambina. Ricordo che facevo disegni per regalarli alle persone, come donare un pezzo di me".
E in età adulta come ha riscoperto questa passione?
"Sentivo che mi mancava qualcosa, ho cominciato un percorso di conoscenza di me stessa, frequentando anche dei corsi. Mi dissero “per scoprire il proprio talento bisogna pensare a quello che facevamo da bambini“, e io, da bambina, dipingevo tantissimo. Su quello ho investito, cominciando a dipingere ad olio su tela e, lì, è come se mi fossi vista allo specchio: in ogni quadro c’ero io, e qualcosa sempre nuovo, di me".
Cosa l’ha spinta verso l’arte terapia?
"Mi ero accorta che la pittura mi faceva stare bene e ho cominciato a domandarmi come potessi far fare la stessa esperienza ad altre persone, e quindi ho cominciato il percorso di arte terapia. Avevo sete di questa creatività e, contemporaneamente all’Accademia d’arte di Carrara, che frequento ancora nel percorso di didattica dell’arte, ho seguito il corso di formazione all’Università popolare di Lucca per le discipline olistiche".
Come terapia, sull’emotività delle persone, soprattutto quelle più fragili, che effetto possono avere i colori?
"Tutta la creazione artistica, a partire dal disegno dei bambini, smuove tante cose, anche legate all’inconscio. Come un pescatore che va lì e tira fuori cose, il processo aiuta ad elaborare queste informazioni e a disegnare emozioni intense come pianto o gioia. Poi si può lavorare su autostima, espressione di sé, per le persone più fragili, timide e con difficoltà di espressione, con una creatività che invece può dare molta sicurezza. E questo lo si fa con la manipolazione di materiale ad ampio raggio".
Nell’età dell’infanzia, diceva, è particolarmente importante lo sviluppo della creatività, anche per lo sviluppo e la formazione di una propria personalità e modalità di vedere il mondo, e anche sé stessi.
"Fondamentale, e lavorare con i bambini è la parte più bella, perché da piccolissimi, e in parte in adolescenza, si aprono altre strade. L’infanzia è importante perché i bambini si esprimono tante volte con il disegno. Laddove capiti di vivere situazioni spiacevoli che non sanno spiegare a parole, è importante la parte creativa, da dove viene fuori tutto. Ad esempio, quando alcuni bambini entrano in studio, in base al colore che scelgono, capisco già cosa sta succedendo".
Cambia il suo modo di lavoro, con adulti e bambini?
"C’è una distinzione di base, perché con l’adulto posso parlare chiaro, lo sproni ad esser lui il primo ad indagare e affrontare, e con il bambino invece va attuata una modalità di gioco e strategie che lo fanno sentire al sicuro e a raccontare. Ma di base ogni colore ha una propria energia, e anche nei corsi con gli studenti si utilizzano e analizzano finché non lo apprendono. I colori si possono vivere in due modalità, spiegate in maniera più semplicista, positiva o negativa, e per tutti i colori ci sono le diverse tonalità con i diversi livelli energetici".
E come lavora nel suo studio?
"Ho uno studio in cui c’è qualunque cosa, i mezzi sono tanti e diversi. E solitamente li scelgo in base alla complessità, tratto ogni problematica con metodi diversi, a volte con colori più soft, che rimangono leggeri. Altre più pesanti, con tempere, magari lanciate su grandi fogli. In base a dove si vuole arrivare si passa da scegliere la tecnica alla dimensione del foglio, piuttosto che il tipo di supporto".
Se dovesse scegliere un artista che ha avuto un impatto sulla sua vita, e sul suo lavoro, quale sarebbe?
"Artemisia Gentileschi, a cui sono molto affezionata e che ogni tanto ripropongo, in diversi incontri e laboratori di arte terapia, in cui faccio vedere le sue opere e lavoriamo proprio partendo dalla sua storia. A lei, tengo particolarmente".