GAIA PARRINI
Cronaca

Il ricordo di Giampaolo Simi: "Più che l’esame di Stato sogno certe interrogazioni"

Lo scrittore e sceneggiatore viareggino rievoca la sua esperienza: "Non fu traumatica anche se ci cambiarono la versione di latino perché quella scelta fu persa in un liceo".

Lo scrittore e sceneggiatore viareggino rievoca la sua esperienza: "Non fu traumatica anche se ci cambiarono la versione di latino perché quella scelta fu persa in un liceo".

Lo scrittore e sceneggiatore viareggino rievoca la sua esperienza: "Non fu traumatica anche se ci cambiarono la versione di latino perché quella scelta fu persa in un liceo".

Sognava già di diventare uno scrittore, tra un articolo satirico sul giornaletto della scuola e la stesura di racconti di fantascienza, Giampaolo Simi, autore e sceneggiatore viareggino, quando, tra le aule del liceo "Carducci", come molti dei ragazzi che da ieri hanno svolto la prima prova per diventare "maturi", sviluppava un proprio pensiero critico, sulla vita e sul mondo.

Simi, se dovesse, quale traccia di questa maturità sceglierebbe?

"Forse quella su Borsellino: il liceo fu il luogo e il momento in cui ho scoperto il mio impegno politico, che mi ha portato poi a scegliere la facoltà di Scienze Politiche, piuttosto di Lettere".

Che ricordo ha del periodo?

"Non uno molto traumatico, perché rispetto a certe interrogazioni l’esame di Stato è stata quasi una passeggiata. Per questo quello che sogno spesso, piuttosto, sono le interrogazioni dove ho rimediato 3 e 4,5, come quelle di greco, che erano un massacro. Ricordo che fummo molto contenti per la seconda prova, quando uscì latino, più gradito rispetto al greco. Ma fu l’anno in cui fu persa in un liceo la versione scelta e dal ministero mandarono quella di riserva perché si pensava che qualcuno l’avesse trafugata: una versione difficile, di Tacito, di cui fui uno delle due sufficienze della classe, ma che ricordo fece molti ‘morti e feriti’".

Che tipo di studente era?

"Studiavo, ma cercavo anche di fare la mia vita. C’erano materie che mi piacevano di più, filosofia e italiano, ma era un liceo, il mio, in cui i professori comandavano: c’era chi studiava volentieri, ma se avevi un minimo di spirito critico vivevi certe cose come imposizioni".

Pensa che ciò fosse insito nell’impostazione del liceo?

"Prima era un’altra cosa. Sono tornato al ‘Carducci’, e ho trovato un’atmosfera diversa, più dinamica: noi abbiamo fatto parte degli ultimi anni di una scuola abbastanza tradizionale, in cui pochi professori parlavano con gli studenti, altrimenti era ‘questo è Erodoto e questo Cicerone’, e, così, doveva essere".

In quel periodo aveva già l’idea di fare lo scrittore?

"È un’idea che ho sempre avuto. Però, appunto, pur facendo il liceo classico non sono approdato a Lettere, perché in quegli anni c’erano ancora i postumi del ’68 e un certo tipo di contestazione, attraverso cui ho conosciuto altrettante cose. È stato utile, per la mia scelta, anche il professore di filosofia, che ci insegnò il pensiero critico".

Scriveva già, all’epoca?

"Sì, scrivevo di fantascienza. Inoltre avevamo un giornaletto satirico che si chiamava ‘Le mie prigioni’, titolo che restituisce l’atmosfera che si respirava: raccontavamo l’aria della scuola e scrivevamo, in maniera ironica e leggera, dei professori".

Ci sono elementi e ricordi della scuola e di quando era ragazzo che ha trasposto nei suoi romanzi?

"Sono stati gli anni della formazione, degli amici più grandi e delle letture. E mi porto dietro tutto. Leggevo ‘Il Signore degli Anelli’, invece che Cassola e Foscolo, cosa per cui ero visto male dai professori, ma leggevo molto: Lovecraft, Poe, King, letture, per quegli anni del liceo, eterodosse. Altri che ritornano molto, in ciò che scrivo, e che ricordo ancora, sono i lirici greci, o per esempio Marziale: argomenti che anche se in quegli anni erano imposti, parlavano anche a te che avevi 15 anni".

Un consiglio ai maturandi?

"Penso che nella scuola di oggi ci sia più rispetto per i ragazzi che hanno personalità e rischiano qualcosa, nell’esprimere un’opinione o un pensiero laterale, anche solo nello scrivere un tema, mentre anni fa si privilegiava il fatto di aver studiato. Quindi consiglierei loro questo: avere coraggio".

Gaia Parrini