
Giro d’Italia, amarcord in città Le ’tappe’ della storia interrotta
Piazza D’Azeglio, 3 giugno 1936: provate a fare un viaggio virtuale nel tempo, così scoprirete che quel giorno, per la prima volta il Giro d’Italia - che il 16 maggio tornerà in città dopo un’assenza di 41 anni - faceva tappa a Viareggio. Era da tempo, raccontano le cronache dell’epoca, che l’allora commissario prefettizio Raffaello Casali e ancora prima il podestà Luigi Leonzi, si erano fatti sentire con gli organizzatori della corsa più amata dagli italiani, perorando la candidatura per ospitare una tappa. Il corteggiamento diventò “fidanzamento” ufficiale nell’autunno del 1934, nella primavera dell’anno dopo, il matrimonio: teniamo presente che all’epoca Viareggio era frequentata non solo da personaggi di spicco del vivace mondo culturale e artistico italiano, ma anche da caporioni del Regime fascista. Per dire che la città contava, era nell’occhio buono dei gerarchi romani. E fu così che il 3 giugno 1935, il francese Maurice Archambaud, che due anni dopo sarebbe diventato primatista dell’ora, salì sul gradino più alto del podio, che si trovava di fronte alla Passeggiata all’altezza del bagno Nettuno, al termine di una gara a cronometro iniziata a Lucca e seguita con trepidazione da molti sportivi. Per Viareggio la “scoperta” di quanto fosse amato il ciclismo diventò passione tanto e vero che a distanza di due anni, l’11 maggio 1937, il Giro tornò ancora a Viareggio, con un doppio appuntamento: prima l’arrivo della tappa partita da Genova (con successo in volata del livornese Olimpio Bizzi), poi il giorno sede di partenza di una tappa a cronometro a squadre, con classifica individuale (una curiosità regolamentare dell’epoca) che vide il trionfo di Raffaele Di Paco, che faceva parte della squadra di Gino Bartali, nuova maglia rosa del Giro.
Una curiosità. Al vincitore, gli organizzatori donarono – siamo a primavera inoltrata – un maxi-panettone di cinque chilogrammi. Nell’immediato dopo-guerra, prima nel 1948 e poi nel 1955, ancora Viareggio sede di tappa: l’arrivo è spostato su viali a mare, davanti a piazza Mazzini: Luigi Casola spadroneggia su Fiorenzo Magni nel 1948 (da Parma, la partenza); sette anni dopo è il siciliano di Toscana - abitava a Prato - Giovanni Corrieri a fare centro. Viareggio torna centro di gravità permanente del Giro nel 1958, il 16 maggio 1958, con una cronometro individuale (Viareggio-Viareggio, disputata sui viali fino a Forte dei Marmi e ritorno: in pratica la fotocopia della tappa dell’anno precedente, a parti invertite con il Forte) che vide ancora il successo di Ercole Baldini. Entusiasmo alle stelle con “mezzo milione di persone a incorniciare il passaggio dei corridori sui viali a mare”.
Per il ciclismo a Viareggio, siamo nel pieno degli anni ruggenti, comincia una rapida disaffezione: per ritrovare la corsa rosa in città si passa al 1966, con il singolare arrivo studiato all’interno dello stadio dei Pini, di fronte ad un pubblico da finale di torneo di calcio, sulla pista ancora in tennisolite: il successo andò a Giovanni Knapp, semi-Carneade veneto, superando tra gli altri il toscano Roberto Poggiali. Nei primi anni ‘70 Viareggio fa da sponda alle tappe a cronometro che partono e si concludono a Forte dei Marmi, per poi arrivare al 1982, con la tappa proveniente da Parma: in piazza Mazzini, lo sprint vincente di Beppe Saronni. E’ l’ultimo acuto di Viareggio. Ci sarà un rigurgito il 20 maggio 1998, per la partenza della tappa - destinazione Monte Argentario - che il giorno prima si era conclusa a Forte dei Marmi. Il 16 maggio si ricomincia quasi da zero. Essere riusciti a riallacciare il filo della storia col Giro d’Italia è già vittoria.
G.L.