
Cimeli e documenti rari. Un viaggio nella storia
"E questa è storia!". Ne avevano davvero la percezione i rappresentanti dell’allora comitato Carnevale che il 26 febbraio 1949 conclusero l’acquisto dei terreni in via Cairoli dove sarebbero nati i primi baracconi. La frase venne scritta, rigorosamente a mano e in bella calligrafia, a conclusione del verbale della riunione. Questo prezioso documento – come mille altri della storia ultracentenaria del Carnevale di Viareggio – trova posto nell’archivio posto al secondo piano della palazzina d’ingresso della Cittadella. Ci sono tutti i bozzetti originari dal dopoguerra a oggi con le relative relazioni, i manifesti, le pubblicazioni. Il tutto conservato in un ambiente moderno dove il rosso delle cassettiere ricorda quello del vestito di Burlamacco. L’archivio completa il percorso che inizia al primo piano che ospita il museo vero e proprio. Un ideale percorso che parte dal ’500 quando le feste carnascialesche venivano fatte a Firenze per arrivare alla fatidica data del 1873, universalmente riconosciuta come quella d’inizio del carnevale viareggino.
La Viareggio di quegli anni è stata ricostruita minuziosamente attraverso piccoli e graziosi modellini che raffigurano le prime sfilate in via Regia dinanzi al Regio Casino e poi il trasferimento in Passeggiata davanti al monumentale ingresso del bagno Nettuno. Sempre attraverso suggestivi modellini viene mostrato al pubblico dove venivano realizzati i carri: spazi improvvisati tra case diroccate, oppure sotti i loggiati del mercato di piazza Cavour, ora tristemente lasciati nel più completo abbandono. Poi ci sono i modellini dei baracconi di via Cairoli, raffigurati anche in cenere per dare l’idea del devastante incendio del 1960. Quindi i baracconi di via Marco Polo che furono abbandonati quando venne inaugurata la Cittadella. La riproduzione dei carri che hanno fatto epoca fa da cornice ad alcuni cimeli di grande valore. Ce n’è uno che ci ha colpito e affascinato. La mano di un mascherone che Sergio Baroni, uno degli Immortali della cartapesta, realizzò a scopo didattico negli anni Settanta per mostrare come erano le strutture interne dei carri dell’anteguerra, quelli del Pardini e del D’Arliano per intenderci. Ed è possibile ancora vedere i delicati meccanismi dei movimenti di ogni singolo dito. Tutti fatti di legno, come un veliero dell’Ottocento. Secondo un’abilità tipica della cantieristica navale viareggino di cui forse si è perso la conoscenza. La storia, insomma. Che con altre tecniche e metodologie di lavoro continua ad andare avanti.
pdg