
Tra i suoi tanti impegni quello alla Misericordia, di cui fu anche presidente, e quello di storico del Carnevale: fu autore della prima pubblicazione sul tema e di un lavoro con Mario Tobino.
È morto Carlo Alberto Di Grazia. Aveva 89 anni, essendo nato a Viareggio nel 1936. È morto uno di noi, anzi uno migliore di noi. Era un intellettuale senza la boria di chi crede di sapere tutto; era un giornalista; era un insegnante apprezzato e amato; era un politico vecchio stampo; era un appassionato di Carnevale, di cui ci ha lasciato i primi studi. Dotato di un fisico imponente e di un volto illuminato da un frequente sorriso, lascia un vuoto difficilmente colmabile (usiamo questa frase fatta solo perché corrisponde alla verità). Alle ultime generazioni forse il suo nome non dirà molto: magari qualche ex studente, non più giovanissimo, lo ricorderà come preside dell’Istituto Commerciale "Piaggia". La ruota del tempo è implacabile: le generazioni si succedono l’una all’altra e il rischio dell’oblio è reale. A chi l’ha conosciuto, il compito di lasciare un piccolo grano di memoria. Ci sia consentito a questo proposito un ricordo personale: si era in prossimità delle feste natalizie del 2024 e Carlo Alberto fece la sua apparizione, a sorpresa, alla cena degli auguri organizzata dall’Università della Terza età, della quale era stato presidente per molti anni, prima di lasciare per motivi di salute. Certo non stava benissimo, tuttavia mangiò con un certo appetito e per noi tutti fu una piccola festa. Era nato, dicevamo, a Viareggio nel 1936. L’anno della proclamazione dell’Impero, l’ultima illusione del regime. Il padre Mario andò in Abissinia in cerca di fortuna, ma vi trovò la morte e non tornò mai; il piccolo Carlo Alberto fu cresciuto dalla madre Ida Petri, che alternava l’attività di casalinga a quella di sarta. Tutto, per quel prezioso figlio unico che dimostrò immediatamente ottime attitudini per lo studio. Così, con una serie di borse di studio, Carlo Alberto dopo il Liceo Classico si laureò in lettere classiche con ottimi voti. Alla fine degli anni ’50 Di Grazia – catturato dal demone del giornalismo – diventò corrispondente del quotidiano “Il Telegrafo”; nel 1960 venne assunto e distaccato alla redazione esteri del giornale: seguì in diretta le fasi della costruzione del Muro di Berlino (quando nel 1989 il simbolo della cortina di ferro fu abbattuto, l’amica Delia Scala gli regalò un pezzo del muro) e la visita di Pompidou a Roma. Nel frattempo si era sposato con Maria Colzi, che gli dette tre figli: Alberto, liquidatore di assicurazioni, Marco, insegnante, e Paolo, giornalista della “Nazione”. Sta di fatto che nel 1962, alla nascita di Alberto, Di Grazia scelse la carriera di insegnante, senza tuttavia rinnegare il giornalismo: rimase un collaboratore illustre, i suoi pezzi continuavano ad arricchire la parte nazionale del quotidiano. Prima insegnante di italiano all’Istituto Tecnico industriale, quindi all’Istituto Tecnico commerciale “Piaggia”, di cui divenne vicepreside, al fianco del mitico Dante Signorini. Poi, nei primi anni ’80 e per circa un ventennio Carlo Alberto diventò il preside dell’Itc, al tempo in cui il “Piaggia” era l’istituto con il maggior numero di studenti di tutta la provincia. Si ricordano le sue battaglie come membro interno nelle commissioni dell’esame di Stato, sistematicamente vittoriose (i suoi studenti superarono sempre lo scoglio della Maturità), e l’abilità nel dare ripetizioni di latino e greco. È stato presidente della Misericordia e amministratore pubblico: come esponente Dc, ha fatto parte della prima Fondazione Carnevale, quella guidata da Paolo Barsacchi, quindi vicepresidente negli anni ’90 al fianco di Elio Tofanelli; vicesindaco nella prima giunta guidata da Marco Marcucci. Come dicevamo, è stato a lungo presidente dell’Università della Terza età. Notevole anche l’attività di autore di libri: a lui si deve il primo saggio dedicato al Carnevale (“Viareggio e il suo Carnevale”, 1971); altri volumi dedicati alla manifestazione sono seguiti: tra questi il primo volume “Il Carnevale di Viareggio” edito da Mondadori nel 1988, dove il suo contributo figura accanto a quello di Mario Tobino. Ha scritto una storia della Misericordia e una sorta di autobiografia (“Una vita niente male”, del 2012). Sul piano della vita privata si deve aggiungere che, rimasto vedovo nel 1997, si è legato ad Antonina Cordaro; con i figli di lei (Gaetano, Fabiana e Vito), si è formata una famiglia allargata dove si respirava un clima piacevole e affettuoso. Negli ultimi 4 o 5 anni la malattia ha avuto la meglio. Ha perso la sua autonomia, sempre circondato dall’affetto dei suoi cari. È morto alle 4, nella notte fra mercoledì e giovedì. Le sue ultime parole sono state: “Sono stanco di essere stanco”. La salma è esposta da ieri, fino a tutta la giornata di oggi, nella sala del Consiglio della Misericordia in via Cavallotti. I funerali si domani alle 10 nella chiesa di San Paolino. Alla famiglia le condoglianze della redazione.