
"Provo un forte rammarico, rabbia. Ho la sensazione che mia figlia potesse essere salvata". Gennaro Elia non si dà pace. Anche ieri era presente all’udienza in Tribunale e ha assistito alla “battaglia“ di perizie. "Siamo entrati in aula con i periti del giudice che, di fatto, ’assolvevano’ i medici, tutti specializzandi, che si sono occupati di mia figlia. Grazie ai miei avvocati e al dottor Silletta siamo usciti dall’udienza con gli stessi periti del giudice che concordavano sul fatto che Maria abbia subito una perdita di chance di sopravvivenza del 50%. Tutto questo – continua Gennaro Elia – perché mia figlia per per dieci ore non è stata sottoposta a terapie antibiotiche e antivirali raccomandate dai protocolli internazionali e della Regione dell’umbria in caso di pazienti affetti da choc settico. Ora mi aspetto che in Procura prendano atto di quello che è emerso nell’udienza di oggi (ieri, ndr)". "È una battaglia per la verità che io posso condurre grazie all’associazione ’Nel nome di Maria’ e a tutti gli amici che la sostengono. Un’associazione – conclude Gennaro Elia – che è a disposizione di chi chiede giustizia. Che poi è quello che chiedo io: non voglio la testa di nessuno, ma pretendo che sia fatta chiarezza sulla morte di mia figlia perché tragedie del genere non accadano più".