
La Procura
Perugia, 22 maggio 2024 – Una condanna e un rinvio a giudizio. È l’esito del procedimento, davanti al gup di Perugia, che ha visto imputati la titolare di un’azienda di apparecchiature elettriche e il coamministratore, accusati di aver sfruttato il lavoro di operai in nero. I due imputati, di nazionalità marocchina, nello specifico sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Alcuni dei dipendenti, è emerso dalle indagini, erano anche irregolari nel territorio italiano e con problemi di comprensione dell’italiano. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, i dipendenti sarebbero stati impiegati anche per 13 ore al giorno, percependo un compenso pari a non più di 3 euro l’ora. Il gup ha condannato la titolare della ditta a due anni di reclusione con rito abbreviato, mentre, come detto, coamministratore, che ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato, è stato rinviato a giudizio.
Secondo la ricostruzione della Procura della Repubblica, titolare il sostituto Mara Pucci, gli indagati "utilizzavano, assumevano e comunque impiegavano irregolarmente e ‘in nero’ alle proprie dipendenze 12 lavoratori di nazionalità marocchina, sprovvisti di permesso di soggiorno valido per motivi di lavoro subordinato, approfittando dello stato di bisogno dei medesimi determinato dalla precaria posizione sul territorio e dalla mancanza di mezzi idonei a sopperire alle esigenze primarie proprie e dei propri familiari, in assenza di altre fonti di reddito, nonché dalla difficoltà di comprensione della lingua italiana e di integrazione sociale, sottoponendoli a condizioni di sfruttamento, imponendogli condizioni di lavoro inique e degradanti sotto il profilo dell’orario di lavoro, della retribuzione e delle cautele ai fini di salute e sicurezza, nonché sotto il profilo previdenziale".