La cessione della “Cassa“: "Vendita? Fondazione incredula e preoccupata"

Il presidente dell’ente (socio di minoranza della banca): "Erano da poco state fornite rassicurazioni alle istituzioni su un progetto di crescita" .

La cessione della “Cassa“: "Vendita? Fondazione  incredula e preoccupata"

Mario Mari, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto spiega le reazioni all’annuncio della vendita

Incredulità per la decisione del Mediocredito Centrale di mettere in vendita il pacchetto di controllo della Cassa di risparmio di Orvieto. È quella espressa dal presidente della fondazione Cro, Mario Mari, socio di minoranza della banca il quale spiega anche i motivi per i quali la fondazione non ha aderito ai due aumenti di capitale, il cui effetto finale è stato anche quello di diluire ulteriormente la quota di capitale sociale in mano alla stessa fondazione che al momento si è ridotta al 15 %. "La notizia relativa all’intenzione del Mediocredito Centrale di mettere sul mercato la quota di sua spettanza della Cassa arrivata a pochi giorni di distanza dalle rassicurazioni alle istituzioni di un progetto di crescita della Cassa, ha generato incredulità per una cessione, da una parte, e preoccupazione, dall’altra. Purtroppo, non è la prima volta – dice Mari – abbiamo, subito, chiesto cosa farà la fondazione e perché non abbia aderito all’ultimo aumento di capitale. Abbiamo ritenuto allora opportuno fornire ulteriori chiarimenti sulle ragioni per cui la fondazione, valutando tutti i pro e i contro di una possibile adesione all’aumento di capitale, abbia scelto di non partecipare a un aumento, tanto che ne è stata impugnata la delibera. Una volta subentrata la Popolare di Bari – riferisce – vengono effettuate due ricapitalizzazioni della Cassa. La prima è del 2009 e vede impegnata la fondazione con un conferimento di 4,4 milioni di euro. La seconda è del 2011, dopo aver rinunciato a una opzione di vendita della propria partecipazione in Cro spa con obbligo di acquisto da parte della Popolare di Bari, a un prezzo prefissato fra 35 e 40 milioni di euro,convertita in un non comprensibile e svantaggioso mandato a vendere, con 5 milioni di penale in caso di mancata esecuzione del contratto. Il conferimento richiesto alla fondazione, è decisamente più importante, 13 milioni di euro in denaro, mentre il socio di maggioranza apporta per la quota di spettanza unicamente sportelli, il cui valore di perizia viene successivamente svalutato con perdite per la Cassa per circa 40 milioni di euro. Da qui la mancata erogazione di dividendi e la svalutazione della partecipazione detenuta in Cro per oltre 10 milioni di euro – dice Mari – tutto ciò ha generato un consistente impoverimento del patrimonio della fondazione".

Cla.Lat.