
Giovanni Gambini ha 22 anni
Perugia, 17 febbraio 2015 - Nello stesso salotto, in un pigro dopopranzo infrasettimanale, un nonno sfoglia il giornale, un padre guarda la televisione, un figlio “swyppa” (esatto, non “scorre”) il suo costoso smartphone.
Che il web stia fagocitando numerosi aspetti della vita reale, generando di conseguenza un distacco sempre più marcato fra generazioni, è ormai palese. E neanche troppo clandestinamente, tutto ciò che non è informatizzato diventa folklore, vintage, buono per mostre e musei. Basti pensare all’edicola, luogo d’altri tempi, appannaggio quasi esclusivo di fumettisti e nostalgici.
Ma quanto è vera e tangibile l’incidenza di questi fenomeni a Perugia? E qual è, eventualmente, il ritmo di trasformazione nel modo di “sapere” (che in latino significa assaporare) dei nostri giovani cittadini?
Per avere una rapida panoramica di questo tiro alla fune fra generazioni, abbiamo campionato 7 ragazzi e ragazze, provenienti da diversi background, ma tutti rigorosamente perugini.
Iniziamo con Nicolò: classe ’92, neolaureato in Scienze Politiche, appartiene alla (magrissima) categoria dei giovani residenti del centro storico di Perugia.
«L’informazione è un valore essenziale per tutti, in una comunità sempre più mondiale. Se la modernità ci dà nuovi strumenti, perché rigettarli senza discutere? Io addirittura non uso nemmeno più il computer per aggiornarmi, ma direttamente il telefono. Chiaramente, per web intendo siti di giornali, sia locali che nazionali, o comunque luoghi certificati. Nemmeno considero i Social Network uno strumento di informazione: sono troppo disordinati e pieni di qualunquismo.
Tutto questo non mi impedisce di leggere i quotidiani: ammetto di non avere la “cultura dell’edicola», ma almeno ogni week-end ne prendo un paio. In più, quando torno a casa dai miei (attualmente vivo a Roma per completare i miei studi), li leggo tutti i giorni. I quotidiani sono di qualità superiore, hanno una autorevolezza che mi tranquillizza rispetto ad altre fonti più opinabili. Comunque, sono ottimista: dico che siamo più informati dei nostri genitori e nonni; in ogni momento possiamo accedere a contenuti in modo autonomo, serio e gratuito. Basta saper cercare, e andrà migliorando con il tempo. Ho visto che adesso anche Facebook inserirà il clic anti-bufala… ».
Su una lunghezza d’onda differente troviamo Agnese :23 anni da compiere, studia giurisprudenza nel nostro Ateneo.
«Io m’informo perlopiù attraverso TV e Radio. La prima approfondisce in tempo reale, la seconda mi è utile perché sto spesso in macchina. Nel Web, non disdegno i Social Network: anche lì è possibile trovare buone news. Basta ignorare i dibattiti sterili, e comunque ognuno di noi, per tagliare la testa al toro, dovrebbe avere nel suo smartphone anche una app dedicata all’informazione: è un bene troppo importante!
Raramente ho preso un quotidiano di persona, se non per fatti diversi dalla cronaca (gare sportive, annunci, ecc). Mio padre lo acquista sia cartaceo che dal suo tablet, ma io non lo leggo spesso; per me l’avvento del digitale gli fa perdere senso, anche se è una forma “tradizionale”e giustamente radicata nel territorio, che rispetto molto. Quello che mi piace del web è che mi offre spunti per ricerche collaterali. Cito l’esempio Ebola: stuzzicata da un servizio polemico di una nota emittente, ho passato molto tempo a documentarmi su internet, e ora sono soddisfatta di avere una mia opinione».
Interviene Costanza, ventiduenne, triennale in Economia a Perugia:
«C’è sempre un giornale a casa, ma a me pare un metodo antiquato di informarsi, anche se per certi versi è insostituibile (ad esempio il Sole 24 Ore mi dà molte dritte per i test universitari). Se con una semplice applicazione posso seguire tutti gli sviluppi di una vicenda, sia locale che nazionale, perché dovrei leggere notizie già vecchie? Oggi è tutto globale ed esteso: credo che il nostro compito sia di interpretare il cambiamento. C’è un però: riconosco che impigrisce avere tutto sottomano alla velocità della luce. Sei quasi portato a lasciar perdere. Per quanto riguarda il telegiornale, è un mezzo ottimo, forse il mio preferito perché mi permette di vedere i fatti, specialmente se ha un canale apposito e sempre aggiornato. Durante l’attentato di Parigi sono stata incollata tutto il giorno alla TV».
Passiamo ad Albert: perugino doc, è poco più che ventenne, ma (forse sarà per il nome inglese) già di idee conservatrici.
«Adoro i giornali e li leggo quotidianamente, è una usanza familiare trasmessa da mio padre. Non lo compro di persona, ma fra una ventina d’anni mi ci vedo a continuare la tradizione! Si vede che dietro ci sono dei “professionisti dell’informazione», a prescindere dal colore politico, e questa qualità non la troverai mai altrove. E’ tutto ragionato, ben posto. E’ vero, parlano di cose avvenute il giorno prima, ma per la cronaca in diretta uso altri mezzi.
Pro e contro della rete? Mi piace la vastità ma non l’anarchia. Quando non c’è ordine né educazione al dibattito, prevale sempre l’opinione più facile o più prepotente. La differenza fra il web e un quotidiano mi fa pensare a quella fra Tripadvisor e una guida gastronomica: nel primo caso, tanti fattori collaterali portano a una buona o cattiva votazione, spesso senza il buonsenso degli utenti, ma è difficile che una guida si sbagli, essendo stilata da esperti del settore. Ad ogni modo, io utilizzo Internet spesso e volentieri: sarebbe antistorico il contrario, basta avere delle buone fonti.
La TV? Lasciamo perdere, è un’informazione che mi sembra banale e molto pilotata. Per esempio non ho apprezzato il silenzio riguardante la questione nigeriana».
Andrea, nato a Perugia nei primi anni ’90, sta completando a Milano la sua triennale in ingegneria meccanica.
«A casa dei miei leggo giornali tutti i giorni, ma è una parte minima della mia informazione: ora che sto fuori non li compro mai personalmente, è scomodo, a lungo andare costoso, e dà un prospetto troppo statico della realtà. Per me vince il web su tutta la linea, ma non dico che sia meglio. L’informazione classica, (per capirci, quella di mio padre che ha sempre due o tre quotidiani per le mani) è un’abitudine culturale che fortifica e insegna a pensare, ma è anche più indirizzata e limitante. Oggi tutto passa per il web: un mezzo potentissimo, ma attenzione a saperlo usare. Siamo una generazione costantemente bombardata da masse enormi di dati che spesso ci inducono ad informarci male – penso a chi si iscrive alle pagine “complottiste” di Facebook ritenendo di trarne delle verità assolute. Ammetto che siamo anche pigri e poco propensi a coltivare il valore informazione, nonostante gli strumenti. Vedo mio padre e scopro ogni volta un sapere nuovo da parte sua, spesso appreso in gioventù, in quelle palestre di pensiero che erano le sedi politiche o universitarie, dove si leggeva tantissimo; e devo dire che un po’ lo invidio.”
Nella categoria dei “giovani adulti” troviamo Giacomo, dipendente alberghiero di 28 anni di Ponte Felcino.
«Per me l’informazione è una ricchezza soprattutto per il popolo. La percepisco come l’unica possibilità che abbiamo di non essere raggirati e sfruttati dai potenti di turno. Per questo è un valore tanto attaccato e sedotto dai poteri forti: ne hanno paura! Non ho particolari motivi per preferire la “vecchia scuola» rispetto ai nuovi sistemi di informazione, mi ritengo un progressista. Nemmeno capisco chi sostiene che in Internet si trovino notiziacce: se va bene, avrò comprato dieci giornali in vita mia, ma mi ritengo lo stesso ben informato, anche attraverso le pagine dei tanto vituperati social network. Il punto è che le falsità si trovano ovunque, nel web come nei più rispettati quotidiani; questo succede se l’unico parametro è la vendibilità della notizia. Internet è solo un luogo ulteriore e forse più indipendente, io non vedo conflittualità con i vecchi sistemi, che conservano le loro peculiarità, come la raffinatezza nello stile. Credo che ci sia e ci sarà spazio per tutti».
Chiude le danze Carolina, studentessa 23enne di Economia, anche lei «migrata» nella tratta Perugia-Milano.
«Fino a poco fa leggevo quotidiani tutti i giorni, anche grazie ai miei genitori, ora più saltuariamente. La carta stampata è superiore grazie alla qualità dei suoi interpreti, le notizie nel web sono molto più scarne. Ma a me piace sentire più campane,e visto che un solo giornale non mi bastava, ora prediligo informarmi tramite Internet. Secondo me l’errore è proprio dei giornali, che non riescono a ripensarsi per intercettare i giovani, magari potenziando di più i loro siti on-line. E’ una grossa fetta di mercato, ma inspiegabilmente trascurata. Giusto la stampa locale è insostituibile, perché dà notizie molto circostanziate e non reperibili altrove. Il mio metodo principale consiste nel dare una rapida scorsa ai siti delle varie testate online, e approfondire personalmente ciò che mi interessa di più.
Nel web la cernita è un obbligo, è pieno di tranelli e testimonianze inattendibili, ma forse è il prezzo di una cosa che sia veramente “world wide”. Il mio grande timore è che attraverso Internet si impongano certe verità alla grande massa, tralasciandone apposta altre. Se non scavi e ricostruisci i fatti da te, sei facilmente esposto alla menzogna, ma nessuno ti faciliterà il compito. Per esempio, mi ha allucinato la resistenza della rete a trattare l’argomento “Mafia capitale». Ho setacciato ovunque, ma dopo i primi 2-3 giorni, c’è stato il silenzio totale. Lo stesso con la questione Ucraina e lo scandalo Expo. Sembra di stare in “1984” di Orwell, e come al solito tutto rimarrà negli uffici delle procure. Per dirla all’inglese, c’è tanto “reach” ma poca “richness”, nel senso che le notizie viaggiano molto, ma sono poco controllate. ”
Conclusioni. Questa rassegna evidenzia in modo quasi univoco due fatti: il primo è che i ragazzi hanno molto a cuore l’informazione, e riconoscono che a tal proposito il web sia un insostituibile contributo della modernità, pur con le numerose pecche che presenta (soprattutto in tema di veridicità della notizia e delle fonti). Il secondo è che nutrono un profondo rispetto per la stampa tradizionale, generalmente tramandato dal nucleo familiare. Hanno la consapevolezza della sua qualità superiore, anche se quantitativamente limitata, e se anche non leggono quotidianamente di persona, la sensazione è che “da grandi”, avendo più tempo, perpetueranno un modo d’informarsi che godrà sempre del suo spazio.
A ben vedere, non è altro che una moderna riproposizione di uno fra i duelli più classici della storia dell’uomo, vecchio contro nuovo, una battaglia che non è campale, ma piena di punti di contatto, intersezioni e zone grigie.
Nel 160 a.C, Terenzio pubblicava una commedia, “Adelphoe”, destinata a diventare una pietra miliare nella stigmatizzazione di questo conflitto , in particolare fra educazione tradizionale ed educazione liberale.
La soluzione che il commediografo raggiungeva risiede in una tollerante, sistematica apertura al nuovo accompagnata da una collaborazione essenziale con la saggezza del vecchio, in modo da creare un rapporto di simbiosi fra questi due fattori, che tenderanno per natura a trovare un loro equilibrio.
Chissà che questa lucida considerazione, 2175 anni dopo, non sia ancora di sorprendente attualità.
Giovanni Gambini