Editoria e occupazione: "Umbria ’cenerentola’"

La Camera di Commercio: quadro complicato rispetto alle altre regioni. Sono 77 le imprese del settore con 400 lavoratori: ma i bilanci ’piangono’. .

Editoria e occupazione: "Umbria ’cenerentola’"

Editoria e occupazione: "Umbria ’cenerentola’"

Poche copie vendute, giornalisti mal pagati, aziende editoriali in perdita e un calo medio annuo di copie del 9% dal 2019 ad oggi. E’ la fotografia drammatica del giornalismo in Umbria che è messo male come nel resto d’Italia ma molto peggio rispetto rispetto ai "cugini" di Marche, Abruzzo e Toscana. La fotografia emerge dal Primo rapporto redatto dall’Osservatorio sull’Occupazione e l’Editoria dell’Umbria, presentato ieri a cura della Camera di Commercio in collaborazione con l’Università di Perugia, il Corecom Umbria, l’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria e Associazione Stampa Umbra. Nel Cuore Verde l’anno scorso ha acquistato una copia di un quotidiano il 2,2% della popolazione (18.600 copie al giorno), contro il 3,2% della Toscana, il 3% delle Marche e il 2,6% dell’Abruzzo): nel 2022 si vendevano 20.623 copie giornaliere. Va meglio per i settimanali (circa 50mila), ma in un anno sono state settemila in meno le copie, così come i mensili (da 40mila a 29mila). Le imprese giornalistiche (quotidiani con esclusione di Nazione e Messaggero, Riviste e periodici, Trasmissioni radiofoniche, Tv, agenzie di stampa), hanno un numero medio di dipendenti più basso (2,7 addetti per impresa: 77 imprese con 400 dipendenti) di quello delle altre regioni del Centro. Il costo del lavoro per addetto è inferiore alle altre regioni: nel 2022 il massimo è nelle Marche con 25.593 euro per addetto, minimo Umbria con 20.907 euro.

In media poi un addetto stampa nella nostra regione (che non è sempre un giornalista) viene pagato 7.730 euro all’anno (nel 2019 quando era a 9.916 euro mentre in Toscana è di 21.724 euro, 21.232 nelle Marche, 17.014 in Abruzzo. Poi ci sono i contributi pubblici: le Radio nel 2023 ne hanno avuti 598mila euro (595mila nel 2022 e 272mila nel 2020), mentre le Tv sono salite a quota 1,2 milioni (contro i 917mila dell’anno scorso e i 446mila del 2020). Per Luca Ferrucci, ordinario di Economia dell’Università di Perugia: "Le problematicità sono molto serie e dovrebbe aprirsi un dibattito serio, dayo che i cittadini hanno diritto a essere ben informati".