
Allarme droga tra i giovanissimi
Magione (Perugia), 23 settembre 2021 - «Se una notte mi troveranno morta, in qualche parco di Arezzo, forse lo diranno che ero lì per cercare mia figlia mentre lottavo per salvarla dalla droga. Perché in questo calvario una madre non ha strumenti ed è completamente abbandonata dalle istituzioni". Non trema la voce di Anna (nome di fantasia) perché ne ha passate talmente tante, da quando la figlia poco più che maggiorenne è schiava dell’eroina, che il dolore è ormai la sua seconda pelle.
Questa storia si muove sul confine tra Umbria e Toscana divisa tra i servizi sanitari del Trasimeno (dove la famiglia risiede) e il Sert di Arezzo, tra i parchi e i sottopassi degradati della provincia toscana e i treni da Terontola, Castiglione del Lago e Magione. La sua è una denuncia, un grido disperato di aiuto... "Siamo in un incubo. Mia figlia spesso non torna a casa, non sappiamo dove passi la notte e come si procuri i soldi che io da tempo ho smesso di darle. Da casa è sparito tutto quello che c’era di prezioso. Il fondo lo abbiamo toccato? Non lo so, perché sembra esserci sempre qualcosa più in basso. Ho capito che eravamo un caso grave quando mi ha messo le mani addosso e quando mi sono accorta che lei si faceva anche in casa e io non riuscivo a fermarla. Sento la puzza dell’eroina bruciata e non posso fare nulla".
Com’è iniziata? "Da quando mio marito è morto, improvvisamente, nostra figlia non è stata più la stessa.La psicologa che ci seguiva quando la ragazzina aveva 13 anni disse “uno spinello non è grave“. Io invece lo sentivo che stava accadendo il peggio. Era l’unica di noi a non aver versato nemmeno una lacrima per la perdita del padre. Era una bambina solare, una spugna, imparava tutto velocemente. Vederla oggi l’ombra di quello che era è lacerante... sporca e con le mani annerite, con le ossa che si contano".
Che aiuti ha cercato? "Tutti quelli che potevo. A partire dai Sert, ad Arezzo in particolare che è la città che adesso mia figlia frequenta. Ma anche Magione e Castiglione. Mi sono rivolta ai carabinieri, alla questura, al sindaco. Siccome la ragazza adesso è maggiorenne non posso seguirla al Sert se lei non vuole, così quel briciolo di autorità che potevo ancora avere mi viene tolto. Capita che le vengono somministrati farmaci di cui non so nulla e che lei però non riesce a gestire. Ma lei vive con me e sono io che la cerco la notte, con la paura che sia morta da qualche parte... la cerco finché non la convinco a tornare a casa e parto per recuperarla ad Arezzo nella zona del Saione, al Pionta, al parco Giotto. Conosco ogni anfratto degradato, ogni sottopassaggio dimenticato da Dio".
Un incubo... "Viviamo blindati, lasciando aperte solo le porte di cucina, camera e bagno. Agli arresti domiciliari ci siamo noi, perché da sola a casa non si può lasciare. Le comunità sono posti dove si può accedere solo volontariamente oppure come alternativa al carcere. Ma è giusto aspettare che un ragazzo si rovini la fedina penale e il fisico prima di spedirlo in comunità? I sert così come abbiamo visto noi non servono a niente".
Sara Minciaroni