
Ci sarà un processo e ci sarà anche molto presto: il 4 maggio comincia il giudizio, presso il tribunale collegiale di Firenze, per l’ex procuratore aggiunto perugino Antonella Duchini e altri sette dei complessivi nove imputati nel procedimento, aperto dalla procura del capoluogo toscano, competente in materia di presunti reati compiuti da magistrati umbri. Il gup, Angela Fantechi ha infatti recepito quasi in pieno le richieste dei pm Luca Turco e Leopoldo De Gregorio e ha rinviato a giudizio, per tutti i capi d’imputazione a lei contestati (corruzione in atti giudiziari, rivelazione del segreto istruttorio e abuso d’ufficio), la ex numero 2 della procura di Perugia, oggi in pensione, vicina anche a Luca Palamara. Insieme a lei, per varie ipotesi di reato, vanno a processo gli ex luogotenenti del Ros Orazio Gisabella, particolarmente legato al magistrato, e Costanzo Leone; il re del cemento Carlo Colaiacovo, l’avvocato Pietro Gigliotti, l’imprenditore Valentino Rizzuto, il carabiniere Fabio Sinato, il dottor Ignazio Pusateri. L’unico proscioglimento è quello del commercialista Francesco Patumi. In aula, ieri, molti imputati, tra cui la Duchini, e un parterre de roi di legali (Coppi, Minelli, Di Mario, Nannarone, Falcinelli, Iorio, Donati, Longo), che hanno provato, nel corso delle tante udienze, a convincere il gup che questo processo non s’ha da fare. Invece si farà, per la soddisfazione di Giuseppe Colaiacovo, che recentemente ha perso il padre Franco, le parti civili eccellenti di questo procedimento in cui si mescolano potere, affari, rivalità familiari.
Gran parte dell’inchiesta, e adesso del processo, ruota infatti attorno al procedimento, di cui era titolare Duchini, contro Giuseppe Colaiacovo e alla richiesta che lei fece di sequestro delle quote della Financo, la cassaforte della famiglia di cementieri. L’ispiratore, secondo le accuse, di questa indagine non equidistante da parte del magistrato sarebbe stato proprio Carlo, destinatario anche di informazioni privilegiate circa l’indagine che investì la Franco Colaiacovo Gold e la Financo.
Gli imputati avrebbero “concordato” con Carlo "contenuti e tempistica dell’emissione di un decreto di sequestro preventivo d’urgenza". Per "arrecare un danno" a Franco e Giuseppe, "essendo stato emesso tale provvedimento al solo scopo di impedire l’erogazione di finanziamenti in favore dei predetti imprenditori" (anche Brunello Cucinelli stava per intervenire in loro), e così "procurando un ingiusto vantaggio patrimoniale a Carlo, favorendolo nell’acquisizione delle quote". Operazione poi non andata in porto.
C’è poi il filone-Rizzuto. Duchini, Gisabella, Rizzuto e Gigliotti saranno processati per concorso in corruzione: "Gisabella riceveva da Rizzuto – ricostruisce l’accusa – somme di denaro per un totale di 108mila euro e il pagamento di viaggi all’estero per avere Duchini, di intesa con Gigliotti, compiuto e per compiere atti contrari ai doveri d’ufficio". In particolare per aver chiesto l’archiviazione nel processo contro l’imprenditore, per non aver autorizzato la Finanza alla verifica fiscale, per aver avviato un procedimento contro il luogotenente delle fiamme gialle che indagò su Rizzuto e per aver aiutato lo stesso imprenditore a definire un altro procedimento pendente a Roma. Estinta per prescrizione la parte, che la procura di Firenze aveva inizialmente contestato, relativa al peculato. Duchini, tramite Gisabella, avrebbero affidato incarichi di consulenza ad amici e fidanzate degli amici per qualcosa come 400mila euro che, in parte, tornavano in contanti nella disponibilità di Gisabella.
Stefano Brogioni