
Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)
Spoleto, 8 gennaio 2019 - Violentata dal proprio medico di famiglia. Questa la denuncia. Una storiaccia che aveva avuto come ambientazione lo studio di un medico in un paese vicino Spoleto e che aveva visto nei panni della vittima una quarantenne straniera che si era rivolta al professionista per una terapia di routine. Dopo aver effettuato il trattamento, l’uomo le avrebbe chiesto in modo improvviso e inaspettato di aver un rapporto intimo con lui. Al rifiuto della paziente sarebbe passato alla violenza sessuale vera e propria. Il medico avrebbe avuto facile gioco nel sopraffare la donna la cui corporatura esile non le avrebbe consentito di opporre resistenza all’aggressione.
Dopo lo stupro, la donna era uscita dall’ambulatorio in stato di shock e solo a distanza di alcuni giorni aveva denunciato l’episodio, incoraggiata dal marito che l’aveva spinta a rivolgersi ai carabinieri. Il processo a carico del medico si è svolto di fronte al tribunale di Spoleto. La donna, assistita dall’avvocato Flavia Rizzica, ha raccontato i particolari della violenza, ricostruendo l’aggressione che sarebbe consistita nell’essere presa per la spalle e costretta contro la sua volontà a subire un atto sessuale particolarmente brutale. Il tribunale ha però assolto il professionista, ritenendo che non fosse stato possibile provare la responsabilità penale dell’imputato. Contro l’assoluzione ha depositato appello il procuratore generale e lo stesso avvocato di parte civile. Ora ci sarà un nuovo processo in Appello.
A far propendere il tribunale per l’assoluzione sarebbe stato l’atteggiamento tenuto dalla donna nella fase successiva all’episodio, in particolare il fatto che non si sarebbe recata al pronto soccorso per sottoporsi ad una visita dal momento che gli accertamenti medici si sarebbero svolti solo in un momento seguente. «La donna nel corso del suo interrogatorio aveva potuto descrivere bene solo le sensazioni provate fisicamente relativamente alla prima fase iniziale dell’abuso sessuale – dice l’avvocato Rizzica – mentre non ha potuto descrivere quella immediatamente successiva a causa della sperimentazione da parte di quest’ultima di un dolore che evidentemente ha superato la soglia del sopportabile. Si è trattato di un effetto neurologico causato dalla paura, per quella che pacificamente è una normale reazione del cervello che si autoprotegge dal dolore eccessivo e dal terrore generato dall’aggressione».
C.L.