Allarme povertà relativa. Sono 38mila le famiglie nella morsa del bisogno

Il dieci per cento dei ’nuclei’ umbri vive con meno di 9mila euro all’anno. E risultano in difficoltà più i soggetti che lavorano rispetto ai pensionati.

Allarme povertà relativa. Sono 38mila le famiglie  nella morsa del bisogno

Allarme povertà relativa. Sono 38mila le famiglie nella morsa del bisogno

In Umbria, nel 2022 sono poco più di 38 mila le famiglie (10% del totale) che vivono con meno di 9mila euro all’anno (che è la soglia di povertà relativa regionale). A rivelarlo è un approfondimento di Luca Calzola, Istat Umbria, su Agenzia Umbria Ricerche, che ha analizzato le tipologie di soggetti (oltre 124 mila) costretti a fare i conti con redditi molto bassi. "Rispetto alle caratteristiche della famiglia – spiega il ricercatore -, mostrano rischi di povertà più elevati le famiglie con minori (18,1%), mentre una dinamica opposta si registra per quelle con anziani (6,6%). Inoltre il disagio economico risulta tre volte più elevato della media regionale nei nuclei dove è presente almeno uno straniero (33,3%). L’incidenza della povertà relativa cresce poi anche in relazione all’aumentare del numero dei componenti delle famiglie: per quelle ‘mono’ si attesta al 5,5%, fino ad arrivare al 17,6% per le famiglie di 3 componenti e oltre. Tra queste ultime, il rischio di povertà aumenta ulteriormente in presenza di due o più figli (25,7%) o di un solo reddito a garantire la sussistenza economica (32,8%)".

Dall’indagine emerge che la povertà relativa colpisce di più i soggetti che lavorano rispetto ai pensionati. "Quando la persona di riferimento è occupata – aggiunge Calzola -, l’incidenza della povertà è maggiore rispetto al caso in cui sia ritirata dal lavoro (11,1% e 5,7%, rispettivamente).

La presenza di una maggiore rischio di povertà tra gli occupati è collegata alla dimensione familiare e si riscontra nel caso di prole numerosa, oppure può verificarsi tra le famiglie più giovani dove il lavoro è più precario e meno retribuito". Rispetto alla cittadinanza, il rischio di povertà, continua la ricerca, "è circa cinque volte più elevato se la persona di riferimento è straniera invece che italiana (34,8% contro 7,1%). Anche l’influenza del titolo di studio sulla povertà è rilevante: le famiglie dove la persona di riferimento ha un titolo di studio non superiore alla licenza di scuola media inferiore (o secondaria di primo grado) sono più esposte al malessere economico rispetto a quelle dove essa è diplomata (12,7% contro 7,6%)".

Infine in Umbria il tasso di povertà è in linea con quello medio nazionale (10,9%). Essa è però la regione con l’incidenza più alta tra quelle del Centro-Nord e insieme all’Abruzzo rappresenta il territorio di "passaggio" tra un Nord più ricco e un Mezzogiorno più povero.