Una vita in altissima montagna: "Io, unico abitante di Bottignana"

Eugenio Ambrosini risiede nel borgo fivizzanese e conduce una quotidianità insolita. Ce lo racconta

Una vita in altissima montagna: "Io, unico abitante di Bottignana"

Una vita in altissima montagna: "Io, unico abitante di Bottignana"

Quando si arriva a Bottignana, pare di toccare il cielo con un dito, tanto questo borgo sperduto. Si trova a quasi mille metri d’altezza nel Parco Nazionale dell’Appennino in Comune di Fivizzano e conta un solo residente, Eugenio Ambrosini che vive nella sua casa natale in pietra, di fronte all’innevato Vallone dell’Inferno del monte La Nuda. "La temperatura è spesso molto bassa, anche durante il giorno – spiega Ambrosini – Ma la natura, o meglio, gli animali selvatici sono tutti in movimento a distanza ravvicinatissima dalla mia finestra a piano terra per cercare di che cibarsi".

Di quali animali selvatici si tratta?

"Guardi, spesso la notte, se resto con la luce spenta e in silenzio, vedo passare i cervi: i maschi con il loro palco di corna incredibili. E hanno ripreso a farsi vedere anche i cinghial".

Allora con il ritorno dei cinghiali i lupi saranno di nuovo in zona...

"Per la verità, ci sono sempre. Posso dire che settimane fa ormai ero con i cani a caccia alla lepre, prima della chiusura, sul monte Marinella. A un certo punto fiutata la tracci, i cani hanno iniziato ad abbaiare fra loro ed ecco dall’altra parte della montagna, sui Groppi di Camporaghena, una serie di ululati. Era mattino presto e i lupi, percepita la presenza dei cani da caccia si apprestavano ad attaccare. Pertanto, ho richiamato i miei segugi e siamo tornati a casa. Mi è subito venuto in mente che quest anno, specie nella zona di Mommio, sono stati numerosi i cani da caccia uccisi".

C’è sempre stata contrapposizione fra la gente della montagna e questo predatore?

"Certamente, soprattutto quando ero bambino nel dopoguerra e l’economia della borgata era basata sull’allevamento del bestiame. Ricordo un pastore che si chiamava Jori, faceva la transumanza in Maremma con un gregge di oltre 300 pecore, ma ve ne erano molti altri e il loro più grande pericolo era proprio il lupo. Questo camivoro rappresentava a quel tempo un’autentica calamità. E’ passata alla storia, la mattanza fatta da un branco di lupi prima dell’ultima guerra fra Bottignana e Sassalbo, in un pianoro chiamato “Erattartondolo”. In una notte furono uccise e sbranate ben 80 pecore. Fu allora che i paesani si rivolsero ai ’lupari’, personaggi assai particolari specializzati nella caccia al lupo. Quando l’abbattevano, passavano nei paesi casa per casa a riscuotere la ricompensa. Chi gli dava qualche soldo, chi della ricotta o del formaggio, uova oppure un fiasco di vino all’epoca preziosissimo. L’ultimo lupo del nostro Appennino, venne ucciso nel 1949 nella zona di Succiso, dall’altra parte del crinale, da un luparo di quei paesi. Insomma, sono ricordi di un’epoca lontana che ho avuto modo di vivere con serenità e semplicita, come attualmente".

Una vita affascinante...

"Lo sa cosa mangio per combattere il freddo? Zampini di maiale bolliti con contorno di cavoli bronzini. E poi “pere castagnare”, un’antica varietà di pere invernali cotte nel forno della stufa, con i “baluci”, le castagne bollite e due bicchieri di vino nostrale. Una vera bontà. E mi mantengo in piena salute fino a primavera, sano come un pesce".

Roberto Oligeri