Quella festa è l’unica a unirci davvero

L'articolo riflette sul significato della Festa della Liberazione e del 1° maggio in Italia, evidenziando le divisioni e le controversie che spesso le accompagnano, mettendo in discussione l'unità di intenti della Resistenza.

27 aprile 2024 – Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri" dice Orwell in La fattoria degli animali, favola grottesca scritta nel ’43. Penso a queste parole ogni 25 aprile, o quasi. Data che dovrebbe mettere d’accordo tutti poiché è l’unica a includere chiunque si trovi su questo pezzetto di terra chiamato Italia. Una Festa comune, che prescinde dalle confessioni religiose, le etnie, le tifoserie. Se il nostro Paese, nel bene e nel male, oggi è ciò che è, lo deve alla Liberazione. Vale anche per il 1° maggio ovviamente, Festa di quel Lavoro su cui si fonda la nostra Costituzione, nata proprio dal quel 25 aprile. Eppure.

Eppure ogni anno (negli ultimi di più) assistiamo a estenuanti balletti e distinguo su chi festeggia e chi no, e di quale grado di antifascismo possano fregiarsi coloro che manifestano. Se abbiano, o no, diritto di appartenenza.

Uno spettacolo mortificante che rovina una giornata fondante, ma che nel frattempo si è stratificata di significati parziali, di personalismi. Quasi avessimo dimenticato la moltitudine e pluralità delle voci che composero la Resistenza, e con un’unità di intenti che mai più avremmo rivisto in questo paese. Dopo nemmeno ottant’anni abbiamo perso di vista il senso primario di quella ricorrenza. Come se, parafrasando Orwell, "Tutti gli antifascisti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri". In quanto alla difficoltà di certi a pronunciare il termine “antifascista”, con un’ostinazione capricciosa e ottusa, e giri di parole fantasiosi quanto imbarazzanti, io, per certi versi li capisco. Sarebbe come pretendere che un tifoso avversario esulti a un gol della nostra squadra. Non è un paragone blasfemo, per carità, sto solo cercando di mettere a fuoco l’atteggiamento, infantile da entrambe le parti. O chiedere ai persiani di far festa insieme agli ateniesi nel giorno in cui ricorre la battaglia di Salamina.

Soprattutto se uno dei due si crede l’erede di Serse I di Persia.