E chi l’ha detto che la gioia, per essere piena, deve arrivare una sola volta? La prima domenica di agosto, sulla passeggiata del contrammiraglio Morin, i cori che si alzano al cielo sono ben tre, in seguenza. E riempiono il catino del Golfo con un’eco che si propaga fino a notte fonda. Prima gli equipaggi junior, poi la gara femminile, infine la regina delle disfide remiere, quella senior, vissuta a fior pelle, spendendo sui remi fino all’ultima stilla di sudore: tre giri di boa con il cuore in gola, che batte all’impazzata per lo sforzo e per l’emozione. Una sola gigantesca palpitazione che scalda all’unisono gli atleti in mare e i borgatari a terra. E che esplode in una vibrazione di forza e di tuono, appena la prua dell’armo vincitore taglia la linea del traguardo. E’ così da cent’anni, senza posa e senza variazioni. Il Golfo si trasforma per l’intera durata di un pomeriggio estivo in una grancassa piena di grida, fischi, cori, fumogeni. Il tifo è questo e molto altro: è senso di appartenenza, spirito di gruppo, identità collettiva. Rito catartico e scaramantico. E’ colore, divertimento, è mare e pelle abbronzata: la mia uguale a quella del vicino, stessa salsedine, stesso cielo, stesso orizzonte di vita.
Eventi e fiereUn pomeriggio di puro delirio. Tre boati accendono la Morin