MASSIMO MERLUZZI
Eventi e fiere

Il galattico che incanta l’acqua. Paolo Lavalle, l’insuperabile. Undici volte campionissimo

Una storia incredibile ricca di emozioni e vittorie iniziate negli anni ’80 e concluse nel 2009. I principi sportivi, il sacrificio e la voglia di non mollare mai un centimetro nella contesta.

Una storia incredibile ricca di emozioni e vittorie iniziate negli anni ’80 e concluse nel 2009. I principi sportivi, il sacrificio e la voglia di non mollare mai un centimetro nella contesta.

Una storia incredibile ricca di emozioni e vittorie iniziate negli anni ’80 e concluse nel 2009. I principi sportivi, il sacrificio e la voglia di non mollare mai un centimetro nella contesta.

Una leggenda nata dall’acqua. L’uomo simbolo del Palio. Come si addice a una figura mitologica, è spuntato dal mare e a colpi di remo è riuscito a conquistare l’amore della terra ferma. Scrivendo il proprio nome nell’albo d’oro della rassegna. Come nessuno mai prima di lui. Paolo Lavalle ha conquistato ben undici edizioni della rassegna, un palmares incredibile che ha iniziato a prendere forma nel 1988 e si è concluso nel 2009. Senza dimenticare il successo juniores del 1984 e quelli successivi da tecnico.

Paolo, che cosa vuol dire Palio?

"Per noi spezzini fa parte della tradizione, significa rimanere incollati alle radici. Per me, che sono nato alla Marina del Canaletto, a cento metri dal mare e con i pontili di legno, vuol dire rivivere le emozioni di una città che non esiste più".

E il mare che ruolo ricopre nella sua vita?

"Sono figlio di muscolai, vogatore per passione poi diventato muscolaio per tradizione familiare. Il mare è la mia vita e quella della mia famiglia".

Ci racconta il primo Palio?

"Ci sono arrivato inevitabilmente, trascinato dalla passione della borgata dopo la vittoria del 1982. Da bambino ho ricevuto in regalo un gozzetto e da allora ho vogato insieme agli amici. La gente di mare ha immediatamente fiutato le mie qualità e mi ha incoraggiato".

La leggenda inizia nel 1988 al Canaletto. Una storia di amore fatta di forti passioni ma anche di improvvisi silenzi?

"Una storia impossibile da far comprendere. Ho vinto la prima volta nella classe senior nel 1988, poi nel 1990. Nell’edizione del 1992 sono andato al Crdd ed era l’anno delle Colombiadi. Questa, a quanto si dice, è stata l’edizione più bella, finita con un emozionante testa a testa con il Muggiano. Il Crdd non vinceva da 30 anni e per me fu una soddisfazione immensa".

Nel 1996 il primo ritorno a casa.

"E guarda caso una nuova vittoria. Poi sono arrivati gli infortuni. Tra questi quello clamoroso dell’anno 1997, quando arrivai al traguardo praticamente usando una spalla soltanto".

Anni Duemila, altro cambio?

"Mi ha chiamato il Marola che non vinceva il Palio da 60 anni. Insieme a compagni straordinari come Patrizio Pierleoni, Giovanni Liberatore e Fausto Sassi abbiamo costruito una macchina perfetta. Ci hanno definito i galattici. Abbiamo vinto sei edizioni consecutive dal 2000 al 2006. Entravamo in acqua e andavamo a vincere".

Ci descrive la figura del vogatore?

"Un guerriero che si esalta sentendo la barca scivolare veloce. Un atleta che deve fare i conti con il sacrificio 360 giorni all’anno. Curare il corpo in palestra, sulla barca e gestirsi prima di ogni allenamento per arrivare pronto al giorno più atteso".

E il giorno del Palio come lo vive?

"Con una pressione che non fa respirare. Alla vigilia dell’ultima vittoria, a Marola, non riuscivo neppure a camminare a causa della tensione. Appena salito in barca è stato come trasformarsi in un diavolo. Questa è la forza del Palio. Trasmette energia, determinazione e forza. Ma senza la testa non si va da nessuna parte. Ho visto atleti sciogliersi al momento della partenza quando la tensione del momento, il muro di folla e il tifo possono anche fare male".

La carriera perfetta è stata scritta nel 2009, nell’ennesimo abbraccio al Canaletto?

"Si è chiuso un cerchio perfetto, con il ritorno a casa. A 41 anni e 8 mesi ho vinto il mio undicesimo Palio riportandolo nella mia borgata. Una volta tagliato il traguardo ho immediatamente pensato di smettere".

E perché?

"Era giusto che finisse così. I miei esordi, le uscite di scena, le discussioni, i ritorni, poi un’altra volta insieme. Vincere così ha dato un senso a tutto e non era giusto proseguire. Ricordo ancora perfettamente quando dopo la gara, tornando a casa, ho posato il borsone e ho detto a tutti ’Paolo non voga più’".

La passione adesso è stata trasmessa ai figli. Come crescono?

"Elia non ha voluto percorrere le mie orme. Invece Francesco ha già vinto il Palio juniores con il Cadimare e adesso fa parte della squadra senior del Fezzano. Ha talento, ma deve fare esperienza. Sono convinto che potrà vincere, non so quando, ma ha le qualità. Deve stare tranquillo e non farsi intimorire dal cognome che porta. E poi c’è Matilde, che da timoniere ha vinto l’edizione del 2019 con il Cadimare. Insomma la tradizione di famiglia va avanti".

Nostalgia?

"Quando si avvicina il giorno è naturale che cresca l’attesa anche perché nelle borgate non si parla d’altro".

Il suo podio delle vittorie?

"In vetta quella del 1988 poi l’emozione del 1992 e l’apertura del ciclo vincente a Marola nel 2000".