Era il figlio prediletto della città Dal debutto all’ultima apparizione "Attore geniale, ha cantato Prato"

Francesco Nuti è morto a Roma nella clinica dove era ricoverato. Nel settembre 2006 l’incidente domestico che gli ha cambiato la vita. Tra gli anni ’80 e ’90 il picco del successo nel cinema con film cult.

Era il figlio prediletto della città Dal debutto all’ultima apparizione "Attore geniale, ha cantato Prato"

PRATO

Il 17 maggio aveva compiuto 68 anni e il prossimo 5 luglio la figlia Ginevra riceverà per lui il Premio alla carriera del Globo d’Oro, assegnato dall’Associazione della Stampa Estera. Purtropppo sarà un premio dal sapare amaro, perché Francesco Nuti, attore, regista, uno dei figli più amati di Prato, il 12 giugno è morto a Roma, nella clinica dove era ricoverato da tempo. Era malato da tanti anni l’incidente domestico del 3 settembre 2006, una grave caduta che lo aveva lasciato a lungo in coma e paralizzato. Era stato poi colpito da emorragia cerebrale nel 2016.

Il suo, come descrive bene il titolo della spettacolo andato in scena al Met alla fine del 2014, è stato un viaggio di "Andata, caduta e ritorno". Nuti ha saputo divertire e parlare a tutta l’Italia con la schiettezza e la cattiveria tipica dei toscani, ritagliandosi un ruolo di assoluto protagonista nell’Italia del cinema degli anni ‘80 e di inizio ‘90.

La sua carriera di attore era iniziata molto presto: il suo genio era sbocciato già sui banchi di scuola, quando da studente del Buzzi debuttò sul palco del Met con la Rivista. La scintilla scattò subito: "Francesco aveva una marcia in più. Gli applausi che prendeva lui? Il doppio dei nostri nonostante facesse delle piccolissime parti perché nel teatro non conta quanto si fa, ma come si fa", ricorda Lamberto Muggiani Piccioli, anima della Rivista.

Era la fine degli anni ‘70 quando debuttò al fianco di Athina Cenci e Alessandro Benvenuti nel cabaret dei "Giancattivi" fino alla consacrazione in tv con "Non stop" di Enzo Trapani tra il 1977 e il 1979, nell’epoca d’oro di Massimo Troisi e Carlo Verdone. Poi il cinema: il successo arrivò con "Madonna che silenzio c’è stasera" del 1982 e "Io, Chiara e lo Scuro" che gli valse un David di Donatello e il Nastro d’argento come migliore attore protagonista e il Globo d’oro come miglior attore rivelazione. Nel 1985 il debutto alla regia con "Casablanca, Casablanca" (secondo David come miglior attore e premio di miglior regista esordiente al Festival internazionale del cinema di San Sebastian). Di quegli anni sono anche "Tutta colpa del paradiso" (1985), "Stregati" (1986), "Caruso Pascoski (di padre polacco)" (1988), "Willy Signori e vengo da lontano" (1989), "Donne con le gonne" (1991). La lunga serie di successi che lo portarono all’apice della notorietà fu interrotta da "OcchioPinocchio" del 1994, girato negli Stati Uniti con costi molti alti, ma accolto con freddezza da critica e pubblico. Da quel momento iniziò un declino professionale (l’unico parziale riscatto col "Signor quincipalle", 1998) e anche umano, segnato dalla depressione fino al dramma dell’incidente domestico del 2006.

L’ultima apparizione in pubblico, prima del coma, fu nel 2003 su Rai Uno in "Torno sabato" di Giorgio Panariello. In quell’occasione dedicò "Sarà per te" alla figlia Ginevra, all’epoca ancora una bambina e "alta un metro e zero tre", come disse il suo papà. Fu l’ultima volta in tv prima del tragico incidente. Poi tanti anni difficili, senza che Prato lo abbia mai abbandonato. La città c’era anche al suo funerale, a San Miniato a Monte il 15 giugno. E anche lì le note di "Sarà per te", cantata da Masini, hanno commosso tutti.

Silvia Bini