Siena, 14 aprile 2024 – Aveva la febbre alta, a 40. E non vedeva bene da un occhio, oltre ad accusare un fortissimo mal di testa. Con sé la richiesta del dottore di famiglia di una visita urgente. Il medico in servizio al Distretto sanitario di Chiusi però non l’aveva fatta – questo è emerso in modo pacifico dal processo –, consigliando piuttosto il paziente di recarsi al pronto soccorso delle Scotte a Siena.
Dove peraltro era già stato il giorno prima di rivolgersi appunto al Distretto ricevendo un farmaco da assumere. Un ’no’ da cui è scaturita la denuncia nei confronti della specialista per rifiuto di atti d’ufficio. A ben 12 anni dal fatto che risaliva all’agosto 2012 la dottoressa, difesa dall’avvocato Luigi De Mossi, è stata assolta dalla prima sezione penale della Corte di appello di Firenze a cui si era rivolta la parte civile. "Il fatto non sussiste", hanno sentenziato i giudici. Usando dunque una formula ancora più favorevole rispetto al pronunciamento di primo grado del 2016 a Siena "il fatto non costituisce reato".
Tutto era iniziato i primi giorni di agosto 2012. Tornato dalle vacanze il paziente si era recato al pronto soccorso di Siena per via del fortissimo mal di testa e della vista annebbiata. Gli avevano dato cortisone ma il giorno seguente, stante l’insorgere della febbre alta, fino a 40, con il problema visivo più accentuato, era andato con il padre all’ambulatorio al distretto di Chiusi con una richiesta di visita urgente del dottore curante.
Erano da poco passate le 13. Il medico specialista aveva terminato l’orario delle visite, soprattutto non aveva a disposizione la strumentazione necessaria per gli accertamenti. Nulla di fatto. Ne era nata una discussione, il genitore si era rivolto ancora al medico di famiglia grazie al quale il figlio era poi stato valutato a Nottola e da qui indirizzato nuovamente a Siena. In seguito era scattata la denuncia.
Nel corso del dibattimento inizialmente era emerso, grazie alle testimonianze, che l’urgenza indicata nella richiesta del medico di famiglia non era così immediata ma sarebbe bastato procedere alcuni giorni dopo. Chiaro inoltre che il Distretto non aveva gli stessi mezzi del policlinico, per esempio, tali da consentire una valutazione a tutto tondo del caso.
C’era stata una discussione tra medico e paziente, come detto, ma il primo avrebbe chiarito le difficoltà di poter effettuare una diagnosi attenta indirizzandolo al pronto soccorso delle Scotte. Per tale ragione, anche se il giudice aveva alla fine ritenuto che l’urgenza fosse in realtà effettivamente esistente, era stata assolta già in primo grado pur argomentando nella sentenza che sotto il profilo umano il comportamento tenuto fosse da stigmatizzare. Ora la Corte di appello ha sancito definitivamente che "il fatto non sussiste".