REDAZIONE SIENA

"Valorizzo San Casciano con il vino"

La storia di Giacomo Baraldo: tante esperienze nel mondo e poi il ritorno a casa. "Qui c’è l’eccellenza"

Giacomo Baraldo, 34 anni, capisce che la sua vita si sarebbe intrecciata indissolubilmente con quella delle vigneti quando, per il suo diciottesimo compleanno, assaggia una magnum di Sassicaia del ’97 e ne rimane folgorato. Dopo aver affrontato la facoltà di Enologia a Perugia con gli ostici esami di matematica, fisica e statistica, inizia a fare tirocinio nelle cantine ‘Poliziano’ di Montepulciano e ‘Gentili’ di Piazze. A seguire un’esperienza di due anni presso le cantine di Andrea Franchetti in Val d’Orcia e poi approda a Bordeaux. La tappa successiva è la Patagonia, nelle cantine di Piero Incisa della Rocchetta dove impara tutti I mestieri; vendemmie e lavoro in cantina, potature, scacchiature e poi pressatura, sfecciatura e vinificazione. Ormai è chiaro il suo amore per il Pinot nero. "E’ un vino estremamente elegante – racconta Giacomo – e difficile da vinificare. Il pinot nero ti mette alla prova" e mentre lo dice accarezza il suo cucciolo di cane che si chiama, neanche a dirlo, Pinot. L’esperienza in Borgogna si ripete con la cantina Demaine de Montille. "Qui ho Imparato la tecnica. Si producono trenta etichette con soli due vitigni. E’ questo il lavoro che mi piace. Creare il vino tenendo conto della diversità delle proprietà organolettiche del terreno. E’ la natura che decide", continua a raccontare Giacomo.

"Ho voluto poi conoscere altri grandi pinot nero e per tre anni ho fatto la vendemmia in Nuova Zelanda dove oggi acquisto le uve dalla cantina ‘Grey Stone’ che poi vinifico in Italia". Per Giacomo San Casciano e il Monte Cetona hanno una potenzialità incredibile. "Oggi produco a San Casciano tre bianchi che sono l’Affacciatoio, uno chardonnay, il Pergola che è un grechetto e un blend di trebbiano e malvasia. Poi Il Bossolotto, base sangiovese e tre cru di sangiovese che sono Il Bossolo (quello del 2017 ha appena preso due bicchieri dalla guida del Gambero Rosso), il Pozzone e Caccialupi". Questi ultimi sono vigneti degli anni ’70 che Giacomo sta recuperando. La vera sfida è vinificare come non si usa fare da queste parti, imparare a conoscere I terreni che sono argillosi, rocciosi ma anche sabbiosi in alcuni casi tanto da essere ricchi di conchiglie. "Qui si trovano tracce di epoca giurassica – conclude Giacomo – è una ricchezza. Sono tornato a vivere in paese perchè ci sono le mie radici e mi piacerebbe far conoscere il territorio anche attraverso il mio vino. Quando vengono a trovarmi I miei amici e osservano il panorama, mi dicono ‘adesso capiamo perchè ti sei trasferito".

Federica Damiani