REDAZIONE SIENA

Socini Guelfi, l’eccezione nel nome di Siena

Una foto una storia Podestà dal 1938 al 1944, consegnò le chiavi della città agli Alleati. Uscì indenne dalla fine del regime fascista

Quando si ricordano figure complesse in contesti storici ancora vicini, per giudicarli oggettivamente, la cosa da fare è sfrondare il loro percorso dalla retorica, facendo una operazione di avvicinamento alla verità. Prendiamo Luigi Socini Guelfi, che fu Podestà di Siena dal 1938 al 1944, quindi compromesso con il regime fascista, eppure fra i pochi ad uscire indenne dallo strappo inevitabile nel passaggio alla nuova Italia e alla nuova Siena. E se la città ha saputo risorgere, non con facilità ma con spirito unanime di rivalsa, lo deve proprio alla sua lungimiranza. Mentre personaggi come Chiurco facevano i bagagli e seguivano le truppe tedesche, lui aspettava gli alleati per consegnare le chiavi della città.

Il futuro innanzitutto, poi gli uomini e i possibili giudizi. Eccolo ritratto da Augusto Mattioli alla consegna della Medaglia di Civica riconoscenza del 1972 (Il Mangia d’Oro arriverà quattro anni dopo): anche negli anni della più profonda paranoia politica, si faceva sempre un eccezione per lui, per quello che aveva fatto per Siena. Personaggi di altri tempi, osserverà qualcuno. Si, forse. E’ cosa infatti di altri tempi salvare il Monte dei Paschi da un potere centrale piuttosto affamato di questa ricchezza, accettando la trasformazione della Banca in Istituto di credito di diritto pubblico, risolvendo la questione con le nomine della Deputazione. Una mossa abile ma non indolore, capace tuttavia di fermare lo scempio, anzi ritardandolo fino agli anni 2000. Luigi Socini Guelfi non fu certo relegato a ruoli minori dopo la guerra, come tanti altri personaggi legati al vecchio regime. Offrì il suo contributo al mondo nascente dei nuovi industriali, si legò ad altre iniziative, con la serenità di chi non aveva cassetti segreti e episodi da scontare. Lavorò dapprima affinché il commissario prefettizio Carlo Ciampolini ricostruisse le basi alla nuova Siena degli anni ’50, poi seguì gli insegnamenti di podestà come Bargagli Petrucci e Tadini Buoninsegni affinché la cosiddetta "dignità sociale" fosse una realtà e non uno stanco slogan politico.

Preparò le basi a quella città che, proprio con un nuovo benessere sociale, potesse dedicarsi alla cultura, al rinato simbolo delle Contrade. Lo ricordiamo Capitano e Rettore del Bruco, artefice in entrambi i ruoli del successo del 1955. Essere ricordati è il migliore premio a chi è restato fedele alle proprie idee. Luigi Socini Guelfi resta così una figura del Novecento priva di ambigue sfumature.

Massimo Biliorsi