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’Sielna’, duello sui soldi: "Tutto pagato alle Entrate. Ora dissequestrate il resto"

Appello contro il decreto parziale di revoca del sequestro per presunti reati fiscali. Molto ruota attorno alla natura degli 11,5 milioni versati fra 2015 e 2016 da Bidilo.

’Sielna’, duello sui soldi: "Tutto pagato alle Entrate. Ora dissequestrate il resto"

L’inchiesta ’Hidden partner’, che ha acceso i riflettori sul magnate kazako Igor Bidilo diventato il re dei locali in Piazza del Campo era iniziata seguendo la scia dei soldi. A distanza di anni il braccio di ferro fra difese e procura sull’importante tema economico prosegue. Ieri mattina infatti alle 9 si è svolta davanti al collegio presieduto dal giudice Simone Spina l’udienza di appello contro il decreto di rigetto parziale di revoca del sequestro disposto, durante l’indagine, per presunte violazioni tributarie per un importo di poco più di 3 milioni, contestate alla società e a tutti coloro che secondo il pm Siro De Flammineis avevano concorso nel reato.

Ha parlato a lungo ieri mattina, nell’udienza a porte chiuse, l’avvocato Fabio Pisillo che insieme al figlio Giulio assiste Catalin Constantin Maxim, amministratore di fatto di Sielna all’epoca degli episodi finiti sotto la lente della Finanza. Nell’aula al terzo piano anche l’avvocato Carlo Arnulfo che tutela gli interessi del magnate kazako. Oggetto del contendere è il fatto che la società ha corrisposto in sede di accertamento con adesione all’Agenzia delle entrate quanto richiesto dall’erario. La somma è stata rideterminata in circa un milione e 700mila euro. Di conseguenza, per farla breve, non ci sarebbe più motivo di conservare il sequestro di una cifra pari ad 1 milione e 400 mila euro in quanto la norma recita che va versato all’erario ciò che richiede e non un centesimo in più. Se la persona offesa dice di essere stata risarcita, insomma, la fetta restante finora trattenuta in sequestro va ’liberata’.

Nell’udienza si è discusso dunque solo di un reato tributario che nulla ha a che fare con gli aspetti delle presunte appropriazioni indebite e corruzioni affrontate invece nell’udienza preliminare che riprenderà probabilmente la primavera prossima. Secondo l’accusa il versamento che venne effettuato da Bidilo di 11,5 milioni e mezzo in due tranche fra l’agosto 2015 e il maggio 2016 non sarebbe un finanziamento soci (che non sconterebbe imposte) ma una sorta, per così dire, di erogazione liberale che dunque determina una plusvalenza tassabile. A prescindere da chi ha ragione – difesa e procura sono su posizioni distanti circa la natura delle somme – l’Agenzia delle entrate ha rideterminato quanto dovuto. Il giudice penale ha autonomia ai fini della decisione sulla responsabilità penale rispetto a quello che pensa l’erario ma poiché la società ha pagato tutto, argomentano le difese, va tolto integralmente il sequestro e non parzialmente per la parte pagata. Per la cronaca, il sequestro rimasto in piedi (non revocato dal gip) non è solo sui soldi ma in parte su azioni societarie, in parte sul denaro fino alla concorrenza del valore di circa 1 milione 400 mila. Il collegio si è riservato la decisione che arriverà probabilmente non prima di un paio di settimane.

Laura Valdesi