MICHELA PICCINI
Cronaca

Antonio Sanò, il soldato di Napoleone

E' uno dei rievocatori appartenenti al 113esimo Reggimento di Fanteria di Linea

Antonio Sanò con un ‘commilitone’ napoleonico

Siena, 28 settembre 2018 - «Mio marito? È andato a fare la guerra». Qualcuno potrebbe preoccuparsi, ma non c’è niente di cruento nelle battaglie di Antonio Sanò, uno dei rievocatori appartenenti al 113esimo Reggimento di Fanteria di Linea. Di reale, però, c’è una grande passione per la storia napoleonica, che coltiva sin da bambino tra collezioni di soldatini e armi d’epoca. Una passione portata avanti nel tempo che, da quasi 30 anni, ha preso la forma di un gruppo appassionato, forte e, soprattutto, unito.

Ma quindi nella tua collezione ci sono più armi o soldatini?

«Non lo so più nemmeno io – ride –. Forse più armi, dall’entrata nel reggimento. Già andavo pazzo per la storia, figuriamoci ora».

Come hai scoperto il 113esimo reggimento e quando sei diventato un rievocatore?

«Ho iniziato a far parte del gruppo a 49 anni, nel 1990. Insieme ad alcuni amici, appassionati come me di storia napoleonica, siamo andati alla rievocazione del 175esimo della Battaglia di Waterloo. Lì siamo entrati in contatto con il reggimento. Da quel momento mi sono promesso che ne avrei fatto parte e così è stato. È come tornare bambini... Io di certo mi diverto come un cittino – scherza – Però non va trattato come un gioco. È un’attività per chi ha passione per la storia, una buona cultura sull’argomento e... soldi da spendere. Dalle divise alle trasferte, tutto ha un costo e non è alla portata di tutti».

Quanto costano in media le armi e le divise?

«Per un moschetto di buona qualità si va oltre 1000 euro, per l’abito sui 500 euro e per le scarpe circa 100 euro. Ma devono essere comprate in negozi specializzati. Ciò che costa di più sono i fucili, a salve, ma sempre armi vere».

Abbiamo capito, è un hobby di elite. E tu quanto spendi all’anno?

«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Ma non poco.

Cosa succede durante la rievocazione?

«Ci immedesimiamo completamente nella parte. Curiamo ogni dettaglio e la modernità è bandita. Utilizziamo paglia, legna e ricreiamo situazioni di ‘living history’: scaldiamo il cibo nei pentoloni sul fuoco, facciamo la vedetta di notte. Niente cellulari, se non per le urgenze e niente elettricità. Ma è proprio questo il bello. E alla fine chi vince? Nessuno! Qualcuno ci scherza, ma noi non siamo figuranti».