
La vita spesso è una sfida che si gioca su confini molto sottili, dove si spinge sull’acceleratore per dare il massimo in un confronto con gli altri ma più che altro con se stessi. Da affrontare, però, con assoluta leggerezza. E "non esiste curva dove non si possa sorpassare", come recita il sottotitolo de "Lo zingaro". Lo spettacolo teatrale che vede come unico interprete Marco Bocci. In programma domenica 18 luglio alle 21 al Teatro Politeama di Poggibonsi che con questo appuntamento chiude la "stagione flessibile". Il gran finale, dunque, spetta al popolare attore di cinema e teatro che ha scritto il copione di questa rappresentazione a tre mani con Marco Bonini e Gianni Corsi. Regia di Alessandro Maggi. Produzione Teatro Stabile d’Abruzzo e Stefano Francioni. In un monologo che risulta essere emotivo ed appassionante, il noto attore di "Romanzo Criminale" racconta la storia esemplare di un pilota di auto sconosciuto il cui destino è però indissolubilmente legato ad un mito della Formula 1: Ayrton Senna. Abbiamo parlato con Bocci per guardare con curiosità tra le righe di questo copione. Una domanda di rito: chi è Marco Bocci e in questo caso specifico è anche lo zingaro? "Si, assolutamente. Una sorta di trasposizione che si capisce nel finale dello spettacolo. Un colpo di scena avrà il compito di rivelarlo ma prima di arrivarci ci sono degli indizi che lo fanno presagire". Quindi questa scrittura drammaturgica ha qualcosa di autobiografico in cui lei scopre un po’ il fianco? "C’è molto. Grandi passioni, come quella per le auto, percorsi di vita, c’è un grande mio idolo come Ayrton Senna. Ci sono tanti racconti ed esperienze di quando ero bambino ma il tutto raccontato in terza persona perché in realtà non voglio parlare di me in questo spettacolo". Cosa succede sul palcoscenico e che cosa si racconta di fatto? "Viene ricostruita in parallelo la vicenda personale dello Zingaro e quella di Senna, il racconto rintraccia coincidenze, premonizioni, intuizioni che quasi segnano il destino dello Zingaro. Il primo incontro con Senna, il primo gran premio visto dalla pista, il rapporto con il padre, il primo go-kart, la scelta di correre". Come è stato scrivere questo testo a tre mani? "È stato liberatorio. Lo abbiamo scritto durante il look down trovando il momento giusto per farlo. Il risultato: un copione che attraverso metafore e passioni parla di segni, di strade, di direzioni". Il pubblico come reagisce? "È molto attento, segue in maniera quasi maniacale fino a commuoversi". La sua sfida qual’è? "Riuscire con questo spettacolo ad emozionare lo spettatore ma anche far passare il messaggio che la vita va vissuta con indiscutibile leggerezza".
Fabrizio Calabrese