di Laura Valdesi
"Per quanto riguarda la lunga vicenda che mi ha interessato (legata a Mps, ndr) ho sempre denunciato esclusivamente quando sono stato accusato di aver rubato, di aver preso dei soldi. E’ stato così quando dissero che possedevo conti a San Marino: la querela fu rimessa ma la giornalista mi chiese scusa. Un’altra trasmissione affermò che ne avevo in Vaticano: la procura di Siena fece una rogatoria ma non risultò niente al riguardo", spiega Giuseppe Mussari al giudice Francesco Cerretelli che gli chiede come mai, lui "presunta persona offesa famosa", ha denunciato "una persona non nota".
Vale a dire l’ex vigile urbano Giovanna Ricci, ora ai domiciliari per un’altra causa, imputata ieri a Siena di diffamazione aggravata sui social nei confronti appunto dell’ex presidente di Banca Mps e dell’Abi ma anche di Mauro Rosati, direttore generale della Fondazione Qualivita. "La cosa che mi interessava – ribadisce più volte in aula Mussari – era che non mi accusassero di rubare dei soldi". Per tutto il resto della vicenda giudiziaria legata a Mps ha sempre lasciato che le risposte arrivassero infatti nei processi. "Ho scelto di difendermi solo e soltanto dinanzi al mio Giudice naturale, non vi è ragione di mutare registro", le sue parole dopo la recente assoluzione nel processo di appello Mps a Milano.
Tutto era nato dalle frasi scritte il 13 marzo 2020 sul profilo social di un organo di informazione commentando una vicenda che nulla aveva a che vedere con Mussari visto che si parlava
di una persona denunciata perché in pieno lockdown andava in giro in città postando il video. Giovanna Ricci, ieri in tribunale seduta accanto al suo avvocato Sandro Sicilia, aveva usato parole come "mafioso, drogato, massone" nei confronti dell’ex presidente Mps. Oltre a ciò era stato "paragonato anche ad un ortaggio", evidenzia in avvio il pm Alberto Bancalà quando, poco prima delle 12.30, Mussari sale sul banco dei testimoni nell’aula al primo piano di palazzo di giustizia che tante volte l’ha visto pronunciare arringhe. Riconosce l’articolo e il commento che gli vengono mostrati. Spiega "di non seguire i social" ma racconta di aver ricevuto dalla donna, che non conosceva, un "messaggio". "Su Messenger – chiarisce l’avvocato Roberto Martini che lo assiste –, era il 3 novembre 2021 alle 22.54"
In un passaggio l’ex presidente di Banca Mps sottolinea l’inaccettabilità di essere indicato come mafioso, un’accusa gravissima per ogni persona, ancora più pesante per chi proviene da una terra come la Calabria. "La droga – ribadisce al giudice – non l’ho mai usata. E massone non lo sono mai stato: depositerò le dichiarazioni delle due obbedienze italiane che lo attestano". E a Cerretelli che, come sempre accade nei processi per diffamazione, cerca di capire se ci sono margini per la composizione della vicenda risponde che darà mandato al suo legale. "La particolarità di questo caso sta nel post pubblicato sulla bacheca di un giornale, aveva visibilità maggiore. Sopporti, sopporti, alla fine dici ’vediamo se si ferma’", sottolinea Mussari.
Terminata la deposizione si siede accanto all’avvocato Martini mentre tocca al direttore generale di Qualivita Rosati testimoniare. Non è costituito parte civile nei confronti della donna perché, emerge, c’è stato un pronunciamento del giudice civile al riguardo. Che l’ha già condannata al risarcimento di 14mila euro "anche se al momento – chiarisce il legale – non è stato ottenuto alcun ristoro". Il commento al vetriolo nei confronti di Rosati, che risale al 6 marzo 2020, era a corredo di un articolo sui social in cui si lanciava un appello relativamente all’emergenza sanitaria. Il direttore di Qualivita veniva definito "credo drogato e un’altra cosa", dice. Corrotto, recita infatti il capo di imputazione.
"Il 6 marzo mi venne segnalato, il 17 scattò la querela", spiega Rosati. Che chiarisce di conoscere l’imputata perché quando era consigliere comunale, a fine anni ’90, capitava che facesse servizio come agente della Municipale durante le sedute consiliari. "Dal 2013 in poi – aggiunge – ho avute varie segnalazioni che veniva usato il mio nome per fare dei post collegati al lavoro, all’amicizia con Mussari e Degortes, per esempio". "Disponibile a rimettere la querela?", gli chiede il giudice Cerretelli. "Penso di no", ribatte netto il direttore di Qualivita.
L’imputata spiega di "non voler rendere l’esame". Tutto rinviato a settembre per discussione e sentenza.