
Il ruolo di insegnanti e presidi di fronte alle prime relazioni disfunzionali degli studenti "C’è bisogno della famiglia, dove questa manca dobbiamo essere ancora più incisivi".
La voce della scuola è stata quella più assordante nel convegno ‘Adolescenti e violenza di genere’. Infatti è tramite la scuola e i docenti che si formano i cittadini del domani, mentre l’intervento delle forze dell’ordine non può che arrivare in seconda battuta. La professoressa, psicologa e psicoterapeuta Annamaria Ferrante, ha parlato del difficile ruolo dell’ascolto e del ‘Mentoring’ un progetto Pnrr per la consulenza nelle scuole agli studenti. "Nell’incontro diretto con i ragazzi si apre un mondo, a volte sconosciuto. Possono raccontare episodi di violenza, anche non riconosciuta – spiega Ferrante –. I nostri studenti sono nell’età in cui vivono le prime relazioni di coppia, spesso disfunzionali, che però spesso non vengono riconosciute come tali. Dobbiamo chiederci, siamo pronti ad accogliere queste storie di violenza? Abbiamo gli strumenti giusti per affrontare una situazione del genere? Ma affrontarle è un nostro dovere". E’ a scuola che si passa la maggior parte del tempo durante l’infanzia e l’adolescenza, qui si apprendono stereotipi e modelli sociali e familiari. "La scuola ha un ruolo importante: è una sentinella, un punto d’osservazione privilegiato – dice la dirigente Daniela Mayer –. Entriamo nelle famiglie tramite il dialogo con i ragazzi. La sfera relazionale non è un elemento di secondo piano. L’attenzione deve essere alta". Un’attenzione costante che deve essere posta dai primi anni di insegnamento, non solo durante le scuole secondarie. "Capisco sempre di più l’importanza del segmento della scuola dell’infanzia, dove l’intervento educativo deve essere strutturato – commenta la dirigente Caterina Mangiacarina –. I docenti devono manifestare una consapevolezza educativa importante. Bisogna capire come aiutare le famiglie a crescere, perché non sempre i genitori sono in accordo con la scuola". Ed è proprio nel caso in cui vi siano famiglie disfunzionali, che i docenti e gli istituti scolastici possono diventare un luogo di ascolto, comprensione e cura. "I docenti osservano gli studenti, captano i loro segnali di malessere – spiega la docente Daria Moscollo –. La scuola trasmette tanti valori, anche se è difficile scardinare gli stereotipi. La scuola però non può fare da sola, ha bisogno della famiglia, dove questa manca dobbiamo essere ancora più incisivi". E’ a questo fine che negli ultimi decenni sono fioriti negli istituti italiani i cosiddetti ‘sportelli d’ascolto’. "Ventuno anni fa istituimmo nella mia scuola il primo sportello d’ascolto, con una psicologa – racconta il dirigente Marco Mosconi –. Era frequentato, non solo dagli studenti ma anche dai genitori. Nel post covid, sono arrivati fondi ministeriali per sportelli come questo. Ci siamo trovati ad accompagnare gli studenti dalle forze dell’ordine per fare denuncia".
Eleonora Rosi