"Il museo dell’Opera non produce cultura"

Dopo le polemiche sul convegno, parla l’architetto Milesi. "E’ un museo sbagliato, espone male le sue opere, avrebbe bisogno di spazi"

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di Orlando Pacchiani

Lunedì nella sede di Ocra (Officina creativa dell’abitare) a Montalcino presenterà i risultati della summer school promossa dalla sua Archos, con gli studi su "Un nuovo museo a Siena" che hanno aperto un dibattito sul futuro del Santa Maria della Scala e sul rapporto con l’Opera del Duomo. Ma per l’architetto Edoardo Milesi non c’è alcuno scandalo nella proposta che ha sottoposto ai suoi trenta giovani colleghi: "Partiamo da un punto fermo: quello di mercoledì non era un convegno canonico, ma una lezione del nostro corso di studi, aperta a tutti".

Ammetterà che gli interventi istituzionali non aiutano a definirla come una lezione...

"Se interventi autorevoli innescano discussioni pubbliche, come è accaduto, ben vengano. Ma il taglio resta didattico. Ospitiamo sempre contributi esterni: l’architetto Marco Vidotto ha portato la sua esperienza, compresa quella all’Ilaud con Giancarlo De Carlo".

Ci sono posizioni anche distanti all’iniziativa, che ne pensa?

"Nessun problema, il contraddittorio tra relatori era previsto ed è stato motivo di interesse". Lei è un consigliere dell’Opera del Duomo, la sua iniziativa è più di un seminario.

"Il nostro scopo è far lavorare gli studenti, che in realtà sono già architetti, su ipotesi concrete. E allora ho chiesto all’Opera se avremmo potuto interessarci di un progetto fattivo di questo genere, ma sul quale non esiste alcuna decisione da parte del consiglio".

Come utilizzerà il materiale prodotto?

"Lunedì presentiamo pubblicamente i progetti, anche all’Opera del Duomo e alla Soprintendenza, per far sì che possano diventare oggetto di discussione. Magari risulta che il Santa Maria non sarebbe adatto per l’Opera del Duomo, oppure vengono individuate soluzioni concrete su cui confrontarsi".

Nel corso del convegno è stata lanciata l’ipotesi di trasferire virtualmente la Maestà al Santa Maria, con la realtà aumentata. Lo state valutando?

"Non prendiamo in considerazione questo livello di allestimento, a noi interessa un ragionamento sull’urbanistica, sulla trasformazione dei musei e su come si possa gestire in futuro il turismo nelle città d’arte. Non a caso stiamo già lavorando su centri come Pisa e Pienza".

Dell’attuale Museo dell’Opera cosa pensa?

"Siamo stati, insieme ai ragazzi, a visitarlo. E tutti sono d’accordo nel dire che, nella situazione attuale, è un museo sbagliato, espone male quello che ha, non produce cultura. Dice poco di quello che dovrebbe dire un museo".

Da dove partirebbe per cambiarlo?

"Servono almeno 2.500 metri quadri per presentare meglio quello che già è esposto e portare alla luce quello che ora è nei magazzini. E poi un museo deve essere in grado di dialogare con la città".

Quindi torna l’idea del trasferimento di una parte del museo.

"Il nostro vuole essere uno stimolo concreto, non una provocazione fine a se stessa. È un bene che si apra un dibattito". Però lanciate già un modello di soluzione, non è così?

"Noi pensiamo più ai metodi che ai modelli. Proviamo a insegnare un metodo di fronte a una complessità gigantesca. E il museo è una scusa per parlare della complessità della città. Poter lavorare su Siena per me è un enorme stimolo".